Quando Benedetta Giuliani morì, lasciò alle figlie in eredità, le piaghe del Signore, una per una. Ad Orsola, che aveva quattro anni, toccò quella del costato, quella cioè più vicina al cuore di Gesù.
A diciassette anni, proprio nel fiore della giovinezza, Orsola lasciò la sua casa e la condizione altolocata, ed entrò tra le Clarisse del convento di Città di Castello dove prese il nome di Veronica.
Devota della Passione, ne riviveva puntualmente e visibilmente le sofferenze. Ebbe la fronte piagata da una corona invisibile di spine; un Venerdì Santo fu trafitta dalle ferite delle stigmate. Per comprensibile prudenza, i superiori tennero la suora in totale reclusione. Le proibirono qualsiasi contatto con l’esterno, e la invitarono di tenere un diario spirituale sul quale, giorno dopo giorno, per più di trent’anni, la clarissa narrò minuziosamente le sue sofferenze e le sue gioie. Veronica Giuliani mori a Città di Castello, nel 1727, un venerdì, dopo 33 giorni di malattia.
Morta, il suo corpo mostrava ancora i segni delle stigmate. All’autopsia, davanti ai medici e ai superiori, il cuore apparve trafitto da parte a parte.