Qui veniva esposto il Santissimo nell’imminenza dell’esecuzione di una condanna a morte e si avvertivano i fedeli che avrebbero usufruito dell’indulgenza plenaria per sé e per il condannato, del quale si scriveva il nome in un’apposita tabella, se, confessati e comunicati, vi avessero fatto visita. La tradizione, inoltre, vuole che qui si conservino le fasce che avvolsero Gesù.
La chiesa fu costruita alla fine del Seicento ma l’aspetto attuale è frutto di vari restauri, l’ultimo dei quali risale al 1862, come ricorda l’iscrizione sulla facciata. L’interno è a una sola navata con volta a botte e due altari per lato.
L’edificio era proprietà del cremonese Giovanni Antonio Alessandri, il quale si era arricchito con i lavori di oreficeria e quando un incendio distrusse la sua casa, non badò a spese ricostruendola fedelmente, come recita la lapide apposta sull’edificio.