PENSIONE KOZINA MEDJUGORJE

La pensione si trova nel centro di Medjugorje e lontano a meno 500metri dalla chiesa di san Giacomo

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Pansion KOZINA
Marijana & Zdenko Kozina
Phone: +387 36 650 277
Fax: +387 36 651 501
Email: marijana.kozina@tel.net.ba

La pensione si trova nel centro di Medjugorje e lontano a meno 500metri dalla chiesa di san Giacomo. Anche si trova vicino alla stazione degli autobus e I’ufficio postale, la pensione é lontano dalla strada principale e si trova in un ambiente tranquillo. La pensione Kozina dispone con 28 camere ben arredate e confortevole. Tutte le camera hanno il riscaldamento e bagno con doccia.

HOTEL NICOLA MEDJUGORJE

è situato 6 km da Medjugorje sul colle sopra la città Citluk

Blizne gomile bb, 88 260 Čitluk
Mobitel: +387 (0)63 997-428
Telefon: +387 (0)36 642-910
Fax +387 (0)36 642-909
info@hotelnicola.com
reservation@hotelnicola.com

è situato 6 km da Medjugorje sul colle sopra la città Citluk a 300m s.l.m. dove i visitatori possono ammirare il bellissimo panorama dell’intera vallata di Brotnjo che include anche il santuario di Medjugorje.L’Hotel oltre ad essere ideale per i pellegrini che vanno a Medjugorje, è destinato a tutti coloro che sono in visita nella nostra regione o sono solo di passaggio e che vogliono godersi le proprie vacanze in totale relax e lontano dalla folla e confussione inevitabili nelle grandi città.

PENSIONE GAGRO MEDJUGORJE

La pensione é aperta tutto l’anno ed é disponibile ai pellegrini di tutto il mondo che cercano la pace, la fede, la preghiera, il digiuno e la penitenza.

Pansion “GAGRO”
Put za Capljinu bb
Medjugorje 88266
Bosnia and Herzegovina
Tel:+387 63 492 968
Fax: +387 36 650 429
Email: pansion.gagro@gmail.com

La pensione é aperta tutto l’anno ed é disponibile ai pellegrini di tutto il mondo che cercano la pace, la fede, la preghiera, il digiuno e la penitenza.Le camere, di recente costruzione, dispongono di aria condizionata e sono doppie o triple con bagno. La capacità ricettiva é di 22 persone in totale.

PENSIONE PERVAN MEDJUGORJE

All’interno della pensione Pervan, troverete un parrucchiere e un’agenzia di viaggi

E-mail. pansion-pervan@tel.net.ba
www.Pervan.pro
Telefono: 00387 (0)36 65 17 65
Fax: 00387 (0)36 65 07 89
Telefonino: 00387 (0)63 32 00 58

La Pensione Pervan si trova nelle immediate vicinanze – a 100 metri – della chiesa San Giacomo a Medjugorje. La pensione Pervan dispone di un ristorante moderno di 100 posti, dove gli ospiti possono gustare sia piatti internazionali che specialità culinarie della nostra regione. La pensione dispone di 84 letti distribuiti in 39 camere. All’interno della pensione Pervan, troverete un parrucchiere e un’agenzia di viaggi, che può prestarvi tutti i servizi necessari durante il vostro soggiorno in Medjugorje

PENSIONE RADMILA E ZDRAVKO OSTOJIĆ MEDJUGORJE

La nostra pensione é situata tra la chiesa S. Giacomo e Villaggio della Madre.

Međugorje
88266 Bijakovići Međugorje (1000 m from center)
Tel:++387 36 650 150
E-mail: pansionostojic@gmail.com

La nostra pensione é situata tra la chiesa S. Giacomo e Villaggio della Madre. La Pensione è aperta durante tutto l´anno e dispone di 22 posti letto suddivisi in: 8 camere a due letti, 2 camere a tre letti.

PENSIONE DINA MEDJUGORJE

La Pensione dispone di camere singole, doppie, triple, La struttura è completamente climatizzata.

Pansion DINA
Gospin Trg bb,
88266 Međugorje, BiH
Tel ++ 387 36 650 223
Fax: + 387 36 650 612
ivanka.cilic@tel.net.ba

La Pensione dispone di camere singole, doppie, triple, La struttura è completamente climatizzata. Ogni camera dispone di telefono e accesso Internet.
dispone di un ascensore e camere adatte ai disabili. C’è un parcheggio di fronte alla pensione.

PENSIONE ANA E STJEPAN MEDJUGORJE

La pensione ha 26 camere tutte dotate di bagno. Ci sono camere singole, matrimoniali, doppie, triple e con culla su richiesta.

Pansion Ana & Stjepan Nikolić
Sivrići b.b. Međugorje
Bosna i Hercegovina
TEL: 00387 63 445 966
FAX: 00387 36 651 949
e-MAIL:
pensionmedjugorje@gmail.com
ana.nikolic@tel.net.ba

La pensione ha 26 camere tutte dotate di bagno. Ci sono camere singole, matrimoniali, doppie, triple e con culla su richiesta. Il ristorante è confortevole e dotato di aria condizionata, offre la possibilità di effettuare la prima colazione, la mezza pensione o la pensione completa sia individualmente sia per gruppi.

HOTEL SPA MEDJUGORJE

L’Hotel & Spa Medjugorje è un hotel di categoria 4 stelle situato in una posizione strategica nel cuore di Medjugorje , a pochi passi dalla Chiesa di S. Giacomo lungo la strada che conduce alla Collina delle Apparizioni

MEDJUGORJE HOTEL & SPA –
Bijakovici b.b.- 88 266
Medjugorje – BOSNA I HERCEGOVINA –
Tel. 00387 (0) 36 640 450 –
Fax 00387 (0) 36 640 451 –
Email: info@medjugorjehotelspa.com

L’Hotel & Spa Medjugorje è un hotel di categoria 4 stelle situato in una posizione strategica nel cuore di Medjugorje , a pochi passi dalla Chiesa di S. Giacomo lungo la strada che conduce alla Collina delle Apparizioni (Podbrdo). Medjugorje Hotel & Spa è dotato complessivamente di 99 camere disposte su 3 piani, per un totale di 222 posti letto.

PENSIONE JASNA MEDJUGORJE

La pensione “JASNA” è situata nelle immediate vicinanze della chiesa di San Giacomo (300 metri). È ubicata in una zona tranquilla, circondata dal verde e da uno spazioso parcheggio privato.

Tel: +387 36 651 572

Mob: +387 63 418 805

E-mail: jadranko-jasna.prskalo@tel.net.ba

La pensione “JASNA” è situata nelle immediate vicinanze della chiesa di San Giacomo (300 metri). È ubicata in una zona tranquilla, circondata dal verde e da uno spazioso parcheggio privato. Le camere sono confortevoli, con bagni, e la maggior parte di esse è dotata anche di balcone.

HOTEL VILLA PACE MEDJUGORJE

Hotel Villa Pace è un nuovissimo hotel ubicato nel centro di Medjugorje, uno dei più famosi santuari mariani del mondo

Telefono +387 36 650 023
+387 36 650 579
Fax +387 36 650 219
Email hotel@villapace.info
Indirizzo Hotel Villa Pace
Bijakovići
88266 Međugorje, BiH

Hotel Villa Pace è un nuovissimo hotel ubicato nel centro di Medjugorje, uno dei più famosi santuari mariani del mondo. Si trova a soli 100 metri dalla chiesa di San Giacomo un hotel, offre una vista panoramica della chiesa e la collina delle apparizioni, Krizevac collina e il Medjugorje tutto.

PENSIONE NIKOLA MEDJUGORJE

Ubicato nel centro di Međugorje,a circa 100 metri dalla Chiesa di San Giacomo. Dispone con i 54 letti dislocati nelle 25 camere.

Pansion Nikola
Nikola Vasilj – Bigo
88266 Međugorje
Tel: +387 36 650 953
Fax: +387 36 650 954
GSM: +387 63 406 789

info@pansion-nikola.com

Ubicato nel centro di Međugorje,a circa 100 metri dalla Chiesa di San Giacomo. Dispone con i 54 letti dislocati nelle 25 camere.Tutte le camere sono fornite con l’impianto centralizzato di riscaldamento ed hanno i bagni con le cabine doccia. Per le persone disabili assicurato l’accesso nelle camere da tre letti.

PENSIONE PERO ELEZ MEDJUGORJE

Dispone di 55 posti letto, doppie, triple e quadruple. Ogni camera ha un bagno in camera.

Indirizzo:
…Pero Elez
…Miletina 2
…88266 Međugorje

Tel/fax:
…00387 36 651 150

Email:
…info@pansionperoelez.com

Dispone di 55 posti letto, doppie, triple e quadruple. Ogni camera ha un bagno in camera. Le camere offrono vedute della chiesa di San Giacomo e della montagna della “Croce”. La sala ristorante ha una capienza di 60 posti. Offrono anche un servizio di trasporto.

PENSIONE ZDENKA I MARINKO SEGO MEDJUGORJE

Si trova a circa 300 metri dalla chiesa parrocchiale nel centro del paese, dispone dei terrazzi con vista verso Krizevac e Podbrdo

Marinko Sego
Corkov Dolac b.b.
88266 Međugorje BiH
Tel/fax +387 36 651-315
Fax: +387 36 651-452
Mob: +38763 426-139
email: andrija.sego@tel.net.ba

Si trova a circa 300 metri dalla chiesa parrocchiale nel centro del paese, dispone dei terrazzi con vista verso Krizevac e Podbrdo (collina delle apparizioni), ed e il posto ideale per le meditazioni durante il vostro soggiorno da noi. Nella Pensione vi è il ristorante con l’aria condizionata. Dispone di 17 camere con 34 posti letto. Abbiamo 2 camere singole, 13 camere doppie e 2 camere triple. Tutte le camere hanno il bagno in camera e riscaldamento centralizzato.

PENSIONE JUKA MEDJUGORJE

La Pensione vanta una lunga esperienza di lavoro con i pellegrini, nel 2011 è stata ristrutturata e le stanze sono tutte dotate di aria condizionata e bagno.

Pensione Juka
di Jozo Juka
Krstine bb
88266 Medjugorje

Per informazioni o prenotazioni:
Tel. 377.4176058
Email: info@pensionemedjugorje.it

La pensione Juka di Medjugorje può accogliere 74 ospiti, situata a circa un kilometro dalla Chiesa principale.
La Pensione vanta una lunga esperienza di lavoro con i pellegrini, nel 2011 è stata ristrutturata e le stanze sono tutte dotate di aria condizionata e bagno. La cucina e’ ottima, il ristorante ha una terrazza coperta con 120 posti e una sala da pranzo con 80 posti.
La pensione e’ aperta tutto l’anno.

Basilica di Santa Maria ad Martyres o Pantheon (Roma)

Il tempio come è ora risale più probabilmente all’imperatore Adriano e il portico vi fu aggiunto più tardi sotto i restauri di Settimio Severo e di Caracalla. Gli scavi intrapresi nel 1892 hanno rivelato l’esistenza di un edificio circolare, edificato elegantemente con grossi riquadri di travertino: si ritiene che questo sia stato il primitivo tempio di Agrippa a cui più tardi fu sostituito l’attuale edificio di Adriano.

Questo edificio rotondo fu edificato primitivamente durante il terzo consolato di Agrippa e in origine fu dedicato a Venere e Marte. Nell’anno 80 fu distrutto da un incendio e restaurato da Domiziano. Nel 202 fu nuovamente restaurato da Settimio Severo e da Caracalla.

Il tempio come è ora risale più probabilmente all’imperatore Adriano e il portico vi fu aggiunto più tardi sotto i restauri di Settimio Severo e di Caracalla. Gli scavi intrapresi nel 1892 hanno rivelato l’esistenza di un edificio circolare, edificato elegantemente con grossi riquadri di travertino: si ritiene che questo sia stato il primitivo tempio di Agrippa a cui più tardi fu sostituito l’attuale edificio di Adriano.

Nel 610 il papa Bonifacio IV ottenne il tempio pagano dedicato alle diverse divinità dell’Olimpo e lo intitolò alla Madonna dei Martiri. Nel 1563 Pio IV riparò la porta di bronzo e nel 1634 Urbano VIII vi fece aggiungere due campaniletti laterali, con architettura del Bernini e che furono detti dal popolo gli orecchi del Bernini.

Nel 1892 Guido Baccelli, ministro dell’istruzione pubblica, fece abbattere i due campaniletti del Bernini. Il portico è composto di sedici colonne di granito egizio.

L’interno conserva ancora l’aspetto primitivo di tempio romano, col grande foro in mezzo alla volta che era anticamente ricoperta di bronzo dorato.

Santuario Madonna dei Monti (Roma)

Nella Cappella: San Carlo Borromeo di Giovanni Mannozzi che dipinse anche le storie laterali e la Vocazione di San Pietro sull’arco esterno. Ai lati: La Flagellazione di Lattanzio Bolognese. Il portar della Croce di Paris Nogari.

L’origine di questa chiesa si deve ad una immagine della Madonna dipinta sopra un edificio cadente adoperato come fienile e che un tempo era stato un monastero di Clarisse istituito fin da quando S. Francesco era in vita.

Nel 1579 essendosi sparsa la fama dei miracoli di quella immagine, fu costruita una chiesa per darle una degna sede. Architetto di questa chiesa fu Giacomo della Porta. L’edificio fu restaurato da Clemente XI e da Pio IX. Nella volta: L’ascensione di Maria, Gli Apostoli e I Dottori di Alessandro Casolani. Sopra la porta d’ingresso: Le Nozze di Cana del Guidotti.

Nella Cappella: San Carlo Borromeo di Giovanni Mannozzi che dipinse anche le storie laterali e la Vocazione di San Pietro sull’arco esterno. Ai lati: La Flagellazione di Lattanzio Bolognese. Il portar della Croce di Paris Nogari.

Altar Maggiore: Tre Storie della Vergine di Cristoforo Casolani. Nella cupola: L’Annunziata, la Concezione, i profeti. La Coronazione della Vergine e la Visita di S. Elisabetta di Baldassare da Bologna. L’Assunta del Guidotti.

Nella Cappella di sinistra le pitture sia interne che esterne, sono di Durante Alberti. Sull’altare: quadro di Gerolamo Muziano. Nella volta e ai lati: pitture di Paris Nogari.

Sotto l’altare: Statua giacente di S. Giuseppe Labre dell’Albacini.

Chiesa di Sant’ Angelo in Pescheria (Roma)

Nel 780 Teodoro, zio di Adriano I, la restaurò per espiazione dei suoi peccati, come risulta da un’iscrizione che ancora si conserva nell’interno della chiesa.

Fu edificata nel 430 da Bonifacio II sulle rovine del circo Flaminio. Un primo documento certo dice che questa chiesa risale al pontificato di Stefano III.

Nel 780 Teodoro, zio di Adriano I, la restaurò per espiazione dei suoi peccati, come risulta da un’iscrizione che ancora si conserva nell’interno della chiesa.

Nel 1291 Rodolfo Savelli le donò la campana fusa dal De Dottis, che è anche oggi in uso. Nel 1347 Cola di Rienzo vi proclamò la Repubblica. Nel 1610 fu rinnovata dal cardinale Andrea Peretti, e nel 1700 il cardinale Barberini la riduceva finalmente allo stato attuale.

Era in questa chiesa che, fin dal 1584, per ordine di Gregorio XIII gli Ebrei dovevano assistere ogni sabato ad un sermone cristiano.

Nell’interno a destra un quadro a olio sull’altare, rappresentante S. Lorenzo di Giovanni Battista Brugel, e il Sepolcro del canonico Giacomo Ricchebacchi. Cappella di S. Andrea: quadro a olio di Innocenzo Tacconi. Altar maggiore: S. Michele Arcangelo della scuola del Cavalier d’Arpino.

Nell’Oratorio a destra l’altare con un quadro a olio di scuola fiamminga del secolo xvii. Altar maggiore: quadro di Giusepre Ghezzi.

Chiesa di Sant’ Eusebio (Roma)

Si può supporre che la chiesa di S. Eusebio, fu consacrata dal papa Liberio subito dopo la morte del santo. Nel 750 il papa Zaccaria restaurò il tetto che era rovinato ed altri restauri vi fecero Adriano I, Leone III e Gregorio IV.

Sorge in piazza Vittorio Emanuele. Gli storici parlano di un graffito, scoperto nelle catacombe dei Ss. Pietro e Marcellino, in cui si cita la chiesa Sancti Eusebii come già esistente nella prima metà del secolo iv.

Si può supporre che la chiesa di S. Eusebio, fu consacrata dal papa Liberio subito dopo la morte del santo. Nel 750 il papa Zaccaria restaurò il tetto che era rovinato ed altri restauri vi fecero Adriano I, Leone III e Gregorio IV.

Nel 1230 Greorio IX la fece riedificare dalle fondamenta. Nel 1711 Stefano Fontana vi aggiunse la facciata. Finalmente nel 1750 fu rifatta allo stato in cui si trova attualmente con architettura di Nicolò Picconi.

Nell’interno sulla volta: La gloria di S. Eusebio di Raffiele Mengs. L’ Altare maggiore fu edificato su disegno di Martino Longhi e l’opera esposta rappresenta la “Madonna fra i santi” di Baldassarre Croce. Dietro l’altare vi è un coro di noce opera del secolo xvi.

Il quadro del crocifisso, quivi esistente è di Cesare Rossetti.

Santuario Santa Maria di Monte Leucio – Piedimonte San Germano – Frosinone

La costruzione della chiesa, forse dedicata in origine a S. Leucio, da cui il monte prende il nome, viene fatta risalire alla metà del 1300, quando sulla sommità del monte fu edificata un’edicola votiva, che nel 1500 fu ingrandita tanto da essere trasformata in una chiesa con annesso Eremo.

La costruzione della chiesa, forse dedicata in origine a S. Leucio, da cui il monte prende il nome, viene fatta risalire alla metà del 1300, quando sulla sommità del monte fu edificata un’edicola votiva, che nel 1500 fu ingrandita tanto da essere trasformata in una chiesa con annesso Eremo.

Ai piedi di Monte Leuci era situato l’importante monastero di S. Nicola di Pico, sul “cammino” che i pellegrini percorrevano per andare da Roma a S. Michele al Gargano e viceversa e in terra Santa. Era una località ben nota anche perchè Papa Vittore III, già Abate di Montecassino con il nome di Desiderio percorse quel cammino al ritorno ma dopo essere stato incoronato papa a Roma.

La chiesa sulla sommità del monte, abbellita e restaurata nel corso dei secoli, subì l’effetto delle leggi di soppressione degli enti ecclesiastici e per questo fu incamerata, insieme all’Eremo, dal Demanio dello Stato. Con il passare degli anni, sia l’edificio di culto che l’Eremo, vennero lasciati in stato di abbandono, fino a quando, l’on. Carlo Bergamaschi, illustre concittadino, nel 1932 ebbe l’idea di far sorgere sulla sommità del Monte Leuci una colonia montana elioterapica, per bambini gracili.

L’Eremo quindi fu adibito a colonia infantile, dove prestarono la loro opera dapprima le suore Adoratrici del preziosissimo sangue e poi le Suore del Monte Calvario.

Fu allestito un Museo anche grazie alla collaborazione di numerosi cittadini di Pontecorvo e dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano.

Altare di San Luigi Gonzaga in Sant’Ignazio (Roma)

Importante è l’affresco della volta, con la Gloria di S. Ignazio, dipinto da Andrea Pozzo dopo il 1685. Anche i due altari che ospitano le reliquie di un santo sono state costruite da padre Pozzo. Dove nell’urna a destra si trovano i resti di San Luigi Gonzaga; mentre in quella a destra i resti del giovane San Giovanni Berchmans.

La Chiesa di San Ignazio fu costruita nel 1626, in onore del Sant Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti e della Compagnia di Gesù, dal gesuita Orazio Grassi sotto ordine del Cardinale Ludovico Ludovisi.

Una caratteristica importante della Chiesa è la finta cupola realizzata nel 1685 dal fratel Andrea Pozzo utilizzando un dipinto eseguito su una tela di 17 metri di diametro. La pianta interna è a croce latina con tre cappelle laterali.

Importante è l’affresco della volta, con la Gloria di S. Ignazio, dipinto da Andrea Pozzo dopo il 1685. Anche i due altari che ospitano le reliquie di un santo sono state costruite da padre Pozzo. Dove nell’urna a destra si trovano i resti di San Luigi Gonzaga; mentre in quella a destra i resti del giovane San Giovanni Berchmans.

Sull’altare in stile barocco, nel transetto destro, è presente il rilievo marmorei di Pierre Legros, Gloria di S. Luigi Gonzaga.
Adiacenti alla Chiesa ci sono la Cappella primaria e le stanze di San Luigi Gonzaga. Le stanze collegate al santo sono: una cappella, una sacrestia con un crocifisso, una cappella inaugurata nel 1714 e detta di San Luigi, e una sala molto grande di ricreazione dove studenti gesuiti, e anche Luigi, passavano molto tempo

“Presenze” 400 anni di attività Camilliane nel mondo – Dal 23 maggio al 23 giugno al complesso del Vittoriano di Roma

L’opera di assistenza dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (Camilliani), raccontata attraverso i reportage fotografici dell’argentino Guillermo Luna.

Dall’India a Haiti, dal Kenya a Taiwan, alla Georgia.
L’opera di assistenza dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (Camilliani), raccontata attraverso i reportage fotografici dell’argentino Guillermo Luna.

Presenze – 400 anni di attività Camilliane nel mondo – Dal 23 maggio al 23 giugno al complesso del Vittoriano di Roma

 

Guillermo Luna è nato a Funes, Argentina, nel 1970. Inizia l’attività di fotografo in Argentina, nel settore pubblicitario e commerciale. Nel 1996 realizza il suo primo reportage sulla raccolta del cotone degli aborigeni Pilagàs, nel nord dell’Argentina, e da quel momento si dedica con crescente passione alla fotografia sociale e al reportage, concentrando la sua attenzione sull’Uomo. Nel 1997 si trasferisce nella Terra del Fuoco, dove vive per tre anni lavorando per diversi giornali locali e testimoniando la crisi argentina dai luoghi più estremi e isolati. Dal 2000 vive e lavora in Italia. Nel 2005 inizia una serie di reportage nella regione Caucasica, in particolare in Georgia: un work in progress che continua ancora oggi. Membro di Shoot4Change, collabora con diverse agenzie e testate giornalistiche internazionali.

L’ordine dei Ministri degli Infermi, meglio conosciuti come Camilliani, venne fondato a Roma da S. Camillo de Lellis (1550-1614) nel 1584 e venne riconosciuto come tale nel 1591 da Papa Gregorio XIV. Il principio ispiratore che mosse il suo ideatore, e che tuttora permea gli animi e l’operato dei seguaci, é il servizio umano e cristiano della cura e assistenza sanitaria considerato nella sua completezza sia materiale che spirituale. L’Ordine è costituito da sacerdoti e fratelli e, come sancisce la sua stessa Costituzione, si dedica «prima di qualsiasi cosa alla pratica delle opere di misericordia verso gli infermi» e fa sì che «l’uomo sia messo al centro dell’attenzione del mondo della salute». I membri dell’Ordine emettono i voti di castità, povertà e obbedienza e consacrano la loro vita «al servizio dei poveri infermi» mettendo a rischio la loro stessa vita ispirati dall’opera di San Camillo, che dedicò tutta la sua vita alla cura amorevole dei malati, stando sempre vicino agli ultimi e ai più deboli. L’Ordine si è diffuso progressivamente nel corso degli oltre quattro secoli di storia. Attualmente l’ordine è presente nei cinque continenti e conta 1.200 religiosi e 156 case.

Tel. +39 06.899.281.68
Fax +39 06.899.281.33
http://www.camillodelellis.org
facebook: http://www.facebook.com/camillodelellis.org
twitter: @San_Camillo

Santuario Santa Secondina – Anagni (Frosinone)

La cripta, situata sotto il presbiterio è completamente ricoperta d’affreschi con scene raffiguranti la cattura, il martirio e la sepoltura di Secondina. Dagli Acta Sancti Magni sappiamo che il vescovo Pietro depose le reliquie di San Magno nell’altare maggiore, quelle delle Sante Secondina, Aurelia e Neomisia nell’altare di sinistra e quelle di altri martiri nell’altare di destra

Nel 1104 viene ultimata la costruzione della Cattedrale di Anagni iniziata nel 1062 costruita dal vescovo Pietro di Salerno nella seconda metà dell’XI secolo.

La cripta, situata sotto il presbiterio è completamente ricoperta d’affreschi con scene raffiguranti la cattura, il martirio e la sepoltura di Secondina. Dagli Acta Sancti Magni sappiamo che il vescovo Pietro depose le reliquie di San Magno nell’altare maggiore, quelle delle Sante Secondina, Aurelia e Neomisia nell’altare di sinistra e quelle di altri martiri nell’altare di destra.

Santa Secondina era una giovane ragazza nata ad Anagni, verso i primi anni del III secolo, che si convertì al cristianesimo in seguito alla predicazione di S. Magno. Spinte dal suo esempio, moltissime persone aderirono alla nuova religione.

Fu martirizzata sotto il prefetto Valeriano.I suoi amici la seppellirono di notte nel borgo Serapi; dopo molti anni, con una solenne processione, il corpo fu trasferito nella Cripta della Cattedrale di Anagni dove tutt’oggi riposa in pace.

Santuario S.Maria di Valleradice – Sora (Frosinone)

Fu costruita prima del 1429, una chiesa dedicata alla Madonna scavata parzialmente nella roccia, per volontà di alcuni cittadini di Sora che la edificarono in onore alla Vergine apparsa in una delle grotte a ridosso del Santuario.

Fu costruita prima del 1429, una chiesa dedicata alla Madonna scavata parzialmente nella roccia, per volontà di alcuni cittadini di Sora che la edificarono in onore alla Vergine apparsa in una delle grotte a ridosso del Santuario.

Il Santuario fu concesso ai canonici e al capitolo della città di Sora. Il miracolo più ricordato è quello della guarigione del cardinale Cesare Baronio che all’età di due anni fu salvato miracolosamente da una grave malattia. La madre, assai devota alla Madonna di Valleradice, lo portò in culla al Santuario  ai piedi della Madonna e dopo tre giorni continui di preghiera guarì. La chiesa, dopo le vicissitudini belliche, fu restaurata e dichiarata Santuario dal vescovo Biagio Musto nel 1953.

Nel 1960 fu completamente ricostruita. Oggetto del culto e devozione popolare è l’originario affresco del ‘400 andato distrutto dal bombardamento durante la seconda guerra mondiale.

A sostituirlo una recente statua della Madonna, posta dentro una nicchia scavata nella roccia.

Santuario Santa Liberata – Boville Ernica (Frosinone)

A Boville la devozione alla santa si fa risalire al XVI secolo. Nel 1840 per volere del vescovo Cipriani si pose mano all’ampliamento del santuario, meta di pellegrini che numerosi giungevano da ogni dove, soprattutto nei mesi di maggio e giugno: il giorno del Corpus Domini, infatti, si chiudevano ufficialmente i pellegrinaggi, tradizione in parte arrivata ai nostri giorni.

Venne edificato nel 1577 in località Colle Maio da un cittadino di Bauco sfuggito ad un agguato mortale. Dal 1774 la chiesa è stata abbellita di affreschi , stucchi e in ul-timo dotata di campanile.

La terza domenica di maggio la Santa viene portata in pro-cessione dai fedeli che arrivano da tutti i paesi della provincia. Il Santuario di Santa Liberata è meta di pellegrinaggi e centro pastorale di numerose famiglie che vivono nella zona. Il culto alla santa, molto probabilmente, è dovuto alla presenza benedettina in Boville fin dai tempi antichi.

Le sante sorelle Liberata e Faustina, nacquero nel sesto secolo in provincia di Piacenza.Le due sorelle si diressero verso Co-mo, dove fondarono un monastero e vissero sotto la regola di san Benedetto. Le loro reliquie sono oggi custodite nel Duomo.

A Boville la devozione alla santa si fa risalire al XVI secolo. Nel 1840 per volere del vescovo Cipriani si pose mano all’ampliamento del santuario, meta di pellegrini che numerosi giungevano da ogni dove, soprattutto nei mesi di maggio e giugno: il giorno del Corpus Domini, infatti, si chiudevano ufficialmente i pellegrinaggi, tradizione in parte arrivata ai nostri giorni.

Fu il canonico don Vincenzo Lozza, in particolare, a portare avanti i progetti di ampliamento, che dal 1840 si protrassero per qualche de-cennio, fino alla ultimazione della nuova chiesa a tre navate, anche con l’erezione di un altare laterale dedicato alla Madonna del Buon Consiglio.

Oggi si celebrano due feste l’anno: quella di Santa Liberata, la seconda e la terza domenica di maggio; e quella della Madonna del Buon Consiglio la seconda domenica di ottobre.

Santuario Sant’Eleuterio Pellegrino – Arce (Frosinone)

La cosiddetta “Tomba di Sant’Eleuterio” è in realtà un’urna funeraria romana. Caratteristica usanza legata al Santuario è il “giorno del digiuno, che si celebra il 5 maggio, trascorso a pane ed acqua. Sant’Eleuterio si invoca per scongiurare la siccità localmente chiamata la sìccita, che arrecava gravi danni all’economia agricola.

Il Santuario di Sant’Eleuterio Pellegrino è posto al confine con Fontana Liri, nei pressi della omonima Torre Medievale.

La primitiva costruzione fu eretta, secondo la leggenda popolare, per il sogno di una devota anziana e poi ingrandita dai duchi Boncompagni, nel 1582. Della primitiva costruzione fanno parte l’attuale abside e la sacrestia. Nell’abside figurano due archi, in elegante stile romanico.

La parte originaria dell’arco dell’abside, proviene da una preesistente costruzione. Sulla porta di sacrestia, c’era una finestra in pietra, ora chiusa a muro. Il vano sacrestia ha una volta a crociera, le cui nervature di vela poggiano su pulvini di pietra. Nella chiesa di S. Eleuterio sono sparsi numerosi reperti archeologici di epoca romana.

La cosiddetta “Tomba di Sant’Eleuterio” è in realtà un’urna funeraria romana. Caratteristica usanza legata al Santuario è il “giorno del digiuno, che si celebra il 5 maggio, trascorso a pane ed acqua. Sant’Eleuterio si invoca per scongiurare la siccità localmente chiamata la sìccita, che arrecava gravi danni all’economia agricola.

Quando non pioveva si organizzavano processioni fino ad ottenere la grazia e, per sollecitare il Santo, si usava mettere in bocca alla statua una “saraca”, la salacca, affinché col suo forte sapore di sale provocasse la sete di Sant’Eleuterio che quindi facesse piovere.

Santuario San Gerardo Confessore – Gallinaro (Frosinone)

La notizia più antica della chiesa risale al 1259 ed è contenuta in un testamento conservato a Montecassino, con il quale Fra Rainaldo, eremita di San Gerardo, detta le sue ultime volontà in relazione ai propri beni.

Il Santuario fu eretto nella prima metà del XII secolo nel luogo dove, nel 1102, erano stati sepolti Gerardo ed i suoi compagni Stefano e Pietro in pellegrinaggio verso la Terra Santa.

La notizia più antica della chiesa risale al 1259 ed è contenuta in un testamento conservato a Montecassino, con il quale Fra Rainaldo, eremita di San Gerardo, detta le sue ultime volontà in relazione ai propri beni.

Il lunedì di Pasqua si festeggia invece la traslazione del suo corpo nella chiesa maggiore. John Gerard, nel 1608, donò il braccio d’argento che ancor oggi racchiude la reliquia.
Nel 1685, in occasione dei lavori di riparazione dell’altare, furono ritrovate al suo interno le ossa di Gerardo, Stefano e Pietro. Le reliquie furono esaminate da una commissione medica nominata dal Vescovo Guzzoni e, riconosciute appartenenti ai tre pellegrini e ne fu autorizzata la venerazione.

Le reliquie poste in tre urne furono collocate in tre nicchie scavate nella parete retrostante l’altare principale della chiesa di San Giovanni.

Santuario Eremo di San Michele Arcangelo – Serrone (Frosinone)

Il chiostro benedettino di San Michele Arcangelo risale al 600. Si narra sia stato fondato da S.Benedetto durante un soggiorno contemplativo sotto il costone roccioso che lo sovrasta, in compagnia di tre corvi che gli avevano indicato il cammino

L’Eremo di San Michele Arcangelo si raggiunge percorrendo un sentiero immerso nel bosco sul fianco di Monte Scalambra.

L’eremo è addossato su un costone roccioso sul fianco del Monte Scalambra, a quota 1100 mt., quasi scavato nella roccia. L’eremo fu restaurato nel 1758.

Ancora oggi visibile nella roccia l’impronta che secondo la leggenda apparterrebbe al Santo.

Nel X secolo il territorio era sotto la giurisdizione dei Benedettini di Subiaco, che introdussero il culto di S. Michele Arcangelo. Successivamente fu dedicata al Santo Patrono di Serrone S.Michele Arcangelo.

Il chiostro benedettino di San Michele Arcangelo risale al 600. Si narra sia stato fondato da S.Benedetto durante un soggiorno contemplativo sotto il costone roccioso che lo sovrasta, in compagnia di tre corvi che gli avevano indicato il cammino.

L’interno si può visitare solo su richiesta.

Santuario San Donato – San Donato Val di Comino (Frosinone)

In origine il Santuario di San Donato fu edificato come piccola abbazia benedettina dipendente da Montecassino: il più antico documento in cui viene citato è del 778 d.C. , anno in cui Ildebrando duca di Spoleto donava la chiesa ed il territorio di San Donato al Monastero di San Vincenzo Al Volturno.

In origine il Santuario di San Donato fu edificato come piccola abbazia benedettina dipendente da Montecassino: il più antico documento in cui viene citato è del 778 d.C. , anno in cui Ildebrando duca di Spoleto donava la chiesa ed il territorio di San Donato al Monastero di San Vincenzo Al Volturno.

Della primitiva chiesa non rimangono tracce, in quanto successive modifiche e costruzioni hanno portato all’odierno Santuario, realizzato dagli abitanti del Rione Castello a partire dal XVI secolo.

Dai registri parrocchiali, si evince che le ricche decorazioni della chiesa furono realizzate dagli architetti Mastroianni di Roma e da Cristoforo Buzzalini e Clemente Forzaretti di Milano nel 1780 circa.

L’ultimo restauro fu eseguito nel 1915 dall’artista Fiorini di Sora, sotto la guida del canonico Luigi Ippoliti.

Santuario di San Cataldo Vescovo – Supino (Frosinone)

La chiesa settecentesca, a pianta circolare è il centro del culto di S. Cataldo vescovo. Conserva tra le numerose opere d’arte , una preziosa statua lignea del Santo scolpita nel 1870 dallo scultore Biondi. All’interno dell’antica chiesa di San Pietro, a sinistra dell’altare maggiore è collocato quello di San Cataldo.

Le fonti documentarie ci offrono solo a partire dal 1581 notizie sulla venerazione a San Cataldo a Supino, sicuramente molto più antica. Esse ci provengono dalla visita pastorale del vescovo di Faenza De Grassis.

La chiesa settecentesca, a pianta circolare è il centro del culto di S. Cataldo vescovo. Conserva tra le numerose opere d’arte , una preziosa statua lignea del Santo scolpita nel 1870 dallo scultore Biondi. All’interno dell’antica chiesa di San Pietro, a sinistra dell’altare maggiore è collocato quello di San Cataldo.

Questo arco è decorato da pitture e rappresentano San Cataldo, il Crocefisso e la Beata Vergine. L’11 Ottobre 1870 l’Arcivescovo di Taranto, Giuseppe Rotondo, che durante il Concilio Vaticano I aveva visitato il Santuario di S.Cataldo in Supino, dona una nuova reliquia che viene incastonata nella attuale statua del Santo.

Supino possiede una reliquia del braccio di San Cataldo, che l’8 marzo si porta in processione. La processione di San Cataldo si svolge ogni 10 maggio per le strade del paese. La statua che raffigura il Santo seduto in poltrona con in mano il pastorale ed in testa una mitria, è situata all’interno di una macchina processionale e viene portata a spalle da 50 incollatori.

Il giorno 9 maggio il Santo viene tolto dalla nicchia per esporlo all’interno della Chiesa di San Pietro Apostolo.

Basilica di San Giovanni in Laterano (Roma)

Questa chiesa era in origine di dimensioni non grandi, a cinque navate sorrette da file molteplici di colonne; fu dedicata a Cristo Salvatore e la sua immagine, in mosaico, apparve per la prima volta fuori delle catacombe, alla luce del sole sulla facciata.

Questa Basilica era in origine di dimensioni non grandi, a cinque navate sorrette da file molteplici di colonne; fu dedicata a Cristo Salvatore e la sua immagine, in mosaico, apparve per la prima volta fuori delle catacombe, alla luce del sole sulla facciata.

L’imperatore Costantino l’arricchì di doni preziosi, i quali ci vengono descritti minutamente nel Libro Pontificale. Ma saccheggiata Roma dai Vandali di Genserico, la Basilica Lateranense fu distrutta così che dovette essere ricostruita una prima volta, da S. Leone il Grande.

Adriano I la restaurò e così rimase fino all’896, anno in cui fu saccheggiata nelle successive invasioni di Roma. Ridotta a un cumolo di rovine, si narra che il popolo andasse cercando fra quei sassi, gli avanzi dei reliquiari d’oro e d’argento, i paramenti sacri e le preziose opere d’arte.

Nel 905 Sergio III cominciò a riedificarla. Il 6 maggio 1308, un grande incendio distruggeva quasi completamente la nuova basilica che venne subito riedificata da Clemente V. Cinquant’anni dopo, nel 1360, un altro incendio la distruggeva una seconda volta, così che Urbano V incaricava l’architetto senese Giovanni Stefani di riedificarla dalle fondamenta.

I lavori furono terminati dal suo successore Gregorio XI. Innocenzo X trovando l’edificio malandato dal succedersi dei secoli e poco adatto a conservarsi, incaricò il Borromini di ricostruirlo interamente.

Chiesa di Santa Lucia del Gonfalone (Roma)

L’origine di questa chiesa non è ben certa, ma risale probabilmente alla fine del secolo xii o al principio del secolo XIV. In un documento del 1325 si trova citata col titolo di Nova e con questo titolo è registrata nei Censuali della basilica di S. Pietro l’anno 1375.

L’origine di questa chiesa non è ben certa, ma risale probabilmente alla fine del secolo xii o al principio del secolo XIV. In un documento del 1325 si trova citata col titolo di Nova e con questo titolo è registrata nei Censuali della basilica di S. Pietro l’anno 1375.

Più tardi fu detta della Chiavica, dalla vicinanza della cloaca finchè nel 1624 non fu ceduta alla Confraternita del Gonfalone, che la ritiene tuttora.

Nel 1700 fu restaurata dalle fondamenta con architettura di Marco David e nel 1764 un nuovo restauro le fece fare don Flavio Chigi. Nel 1866 Pio IX la fece nuovamente restaurare sotto la direzione di Francesco Azzurri.

Nell’interno la volta fu dipinta da Antonio Nepi; le pareti, con le immagini dei dottori della Chiesa e di altri santi, sono di Cesare Mariani. Ai lati della porta: due acquasantiere con teste di putti del secolo XVIII.

A destra la Cappella della Madonna con Santi d’ignoto. Sepolcro di Nicola Nicolai, scolpito nel 1833 dal Fabbris. Altar maggiore: le pitture a fresco dell’abside sono di Cesare Mariani, che le eseguì nel 1866. Nella sacrestia il quadro sull’altare è dello stesso Costantini.

Santuario Madonna dello Spirito Santo – Villa Santo Stefano (Frosinone)

Il Santuario è situato in una conca nella valle dell’Amaseno, a circa un chilometro dall’abitato di Villa Santo Stefano. L’attuale tempio venne

Santuario Madonna dello Spirito Santo – Villa Santo Stefano (Frosinone)

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Santuario Madonna delle Grazie – Sora (Frosinone)

Sulla cima del monte che domina la città di Sora, ad una altezza di 500 metri, sorge il santuario della Madonna delle Grazie, raggiungibile percorrendo una

Santuario Madonna delle Grazie – Sora (Frosinone)

Sulla cima del monte che domina la città di Sora, ad una altezza di 500 metri, sorge il santuario  della Madonna delle Grazie, raggiungibile percorrendo una Leggi tutto “Santuario Madonna delle Grazie – Sora (Frosinone)”

Santuario Madonna della Guardia – San Giovanni Incarico (Frosinone)

Sulla cima del monte San Maurizio, (un tempo denominato Monte Formale, oggi della Madonna della Guardia), a 281 metri di altitudine, poco lungi

Santuario Madonna della Guardia – San Giovanni Incarico ( Frosinone)

Sulla cima del monte San Maurizio, (un tempo denominato Monte Formale, oggi della Madonna della Guardia), a 281 metri di altitudine, poco lungi Leggi tutto “Santuario Madonna della Guardia – San Giovanni Incarico (Frosinone)”

Santuari padovani. Itinerari fra tradizione, storia, arte e devozione

Ecco, dunque, che il libro “Santuari padovani” scritto a quattro mani dai giornalisti Emanuele Cenghiaro e Piero Cioffredi è proprio come una sorta di agile velivolo che regala al lettore una panoramica accurata su questi diciotto santuari, svelandone le bellezze architettoniche e artistiche, fornendo brevi cenni storici e suggerendo spunti turistici che possono ispirare lo stesso cittadino padovano a una visita inaspettata in posti e zone che magari ha sempre attraversato senza particolare interesse e attenzione.

Immaginate di salire su un piccolo velivolo, in uno di quei storici biposto che ancora si vedono volteggiare di tanto in tanto sopra le nostre teste, e di planare sopra a strade, argini, piazze, case e di toccare con la punta delle dita i campanili, ma solo quelli, dei santuari che costellano il territorio padovano.
Vi accorgerete come sono tutti diversi, più o meno grandi, belli e svettanti, e quanti, ben diciotto, siano i luoghi di culto nati dalla fede e dalla devozione popolare che richiamano ancor oggi pellegrini da ogni dove, rendendo unica per storia, arte e tradizione, la terra che abitiamo.
Ma poi i piedi e le gambe sono d’obbligo per entrare dentro a questi gioielli d’arte e di tradizione e girarne i dintorni alla scoperta delle meraviglie che nascondono.

Ecco, dunque, che il libro “Santuari padovani” scritto a quattro mani dai giornalisti Emanuele Cenghiaro e Piero Cioffredi è proprio come una sorta di agile velivolo che regala al lettore una panoramica accurata su questi diciotto santuari, svelandone le bellezze architettoniche e artistiche, fornendo brevi cenni storici e suggerendo spunti turistici che possono ispirare lo stesso cittadino padovano a una visita inaspettata in posti e zone che magari ha sempre attraversato senza particolare interesse e attenzione.
L’idea di una pubblicazione che fosse un’accurata descrizione di luoghi che grazie alla devozione che li contraddistingue, perlopiù a Maria e a sant’Antonio, è nata ai due autori durante la stesura dei venti fascicoli “Le vie della Grazia” della diocesi di Padova pubblicati tra l’autunno del 2010 e la primavera del 2011 e usciti in allegato al settimanale diocesano “La Difesa del popolo”.

Dai viaggi di Cenghiaro e Cioffredi in giro per la diocesi, spesso con l’occhio vergine del neofita, nasce, dunque, questo pregevole lavoro edito da Tracciati e riccamente illustrato, che intende essere il primo volume della nuova collana “I santuari” che ha come apprezzabile obiettivo realizzare in futuro per ogni provincia veneta una pubblicazione simile che valorizzi il territorio locale e diffonda la conoscenza dei tesori religiosi, artistici e storici che lo rendono unico.

L’opera non poteva, comunque, non partire da Antonio, il santo che nei secoli ha portato il nome di Padova nel mondo e che ancor oggi, ogni anno, richiama milioni di fedeli da ogni dove: si parte dalla maestosa basilica nel cuore della città per spostarsi al santuario antoniano all’Arcella, dove la tradizione vuole sia morto il santo di Lisbona, per poi concludere l’itinerario sulle tracce del piccolo francescano nemico degli usurai a Camposampiero, ai santuari della Visione e del Noce.

Nel capitolo successivo il viaggio ritorna nel capoluogo a svelare la basilica di Santa Maria del Carmine, Santa Maria Addolorata al Torresino e il convento d’origine cinque nel quartiere di Santa Croce che custodisce le spoglie di San Leopoldo Mandic. Si passa poi sui colli Euganei alla volta dei santuari della Beata Vergine della Salute a Monteortone, di Maria Vergine Assunta sul monte della Madonna e delle sette chiese giubilari di Monselice. E ancora, nella Saccisica e nel Conselvano con Santa Maria delle Grazie a Piove di Sacco, al Cristo di Arzerello e alla Maria Vergine della Misericordia a Terrassa Padovana, nell’Estense con la basilica di Santa Maria delle Grazie di Este e la Madonna del Tresto di Ospedaletto e, infine, nell’Alta Padovana, con la Madonna di Tessara a Curtarolo, la Beata Vergine delle Grazie a Villafranca e Santa Maria del Carmine a Cittadella.

L’auspicio, pertanto, che merita la guida è che venga usurata nel tempo dal suo lettore. Che sia piena di “orecchie” alle pagine, di segnalibri e anche di piccole annotazioni a mano e di sottolineature. Significherà che avrà assolto al proprio compito: diventare viatico per lo spirito, indirizzando la mente e il corpo a visitare e a sostare in questi luoghi che hanno accompagnato e fatto crescere la fede nei secoli per poi ripartire con l’anima rigenerata dalla preghiera aiutata dalla bellezza dell’arte e della storia.
Tatiana Mario

E. Cenghiaro, P. Cioffredi. Santuari padovani. Itinerari fra tradizione, storia, arte e devozione. Tracciati editore, Padova, 2012. Pagg. 180. Euro 19. ISBN: 978-88-903229-8-3

Info: Tracciati editore, tel. 049-603899; info@tracciati.eu; www.tracciati.eu
In vendita a prezzo speciale anche su www.amazon.it

Santa Maria di Loreto (Roma)

L’interno è a pianta ottagonale con quattro cappelle a nicchioni sui lati. L’altare maggiore è opera del 1628 di Gaspare De Vecchi. La chiesa conserva inoltre due tele del Cavalier d’Arpino: “Transito” e “Natività della Vergine” del 1630.

Si trova su uno dei tragitti più frequentati, in prossimità di via dei Fori Imperiali, di fronte alla colonna Traiana.
La chiesa fu iniziata nel 1507 dalla confraternita dei Fornari, su di un progetto forse dovuto a Bramante.

L’edificio venne iniziato nel 1507 da Antonio da Sangallo il Giovane che, su probabile disegno del Bramante, realizzò il basamento a dado in laterizio.
Esso venne completato a meno di ottant’anni di distanza da Jacopo Del Duca, allievo di Michelangelo.

Tra il 1867 e il 1873 furono effettuati lavori di restauro e la sagrestia venne ricostruita.Sul timpano del portale si trova un gruppo marmoreo scolpito nel 1550 da Andrea Sansovino con la Vergine col Bambino e la casa di Loreto.

L’interno è a pianta ottagonale con quattro cappelle a nicchioni sui lati. L’altare maggiore è opera del 1628 di Gaspare De Vecchi. La chiesa conserva inoltre due tele del Cavalier d’Arpino: “Transito” e “Natività della Vergine” del 1630.

L’interno è impreziosito da stucchi, affreschi e sculture fra le quali spiccano due “Angeli” di Stefano Maderno e “Santa Susanna” opera secentesca di François Duquesnoy.

S. Maria del Rosario

Santa Maria del Rosario è il titolo della elegante e devota chiesa che sorge sul più alto culmine del monte Mario dalla parte che domina la città.

Santa Maria del Rosario è il titolo della elegante e devota chiesa che sorge sul più alto culmine del monte Mario dalla parte che domina la città.

Ha annesso un grazioso convento di Domenicani della congregazione di S. Marco di Firenze.

Essendo fatiscente e di difficile accesso, fu dal papa Gregorio XVI restaurata e messa a nuovo.

Fu eretta nel 1641 dai frati di Sant’ Onofrio.

Benedetto XIII la diede ai Frati Domenicani che la riedificarono.

S. Maria dei Miracoli

Chiesa posta in piazza del Popolo, il cui nome derivale da una imagine miracolosa della Vergine che fu dipinta entro uno degli archi interni presso la porta del Popolo.

Chiesa posta in piazza del Popolo, il cui nome derivale da una imagine miracolosa della Vergine che fu dipinta entro uno degli archi interni presso la porta del Popolo.

Nel 1325 venne trasportata in una chiesolina eretta dall’ arciconfraternita di S. Giacomo.

La chiesa rimaneva sulla Piazza del Popolo presso la ripa del Tevere e li rimase la sacra immagine fino all’ anno 1664, quando papa Clemente VIII ordinò a Carlo Rainaldi, di edificare una chiesa.

Il card. Girolamo Gastaldi si servì dell’ architetto Bernini, poi di Carlo Fontana, per la costruzione.

Questa chiesa ha un grazioso portico in travertino, le colonne del quale sostengono un bel frontispizio con statue di pietra tirburtina scoperte dal Lazzari, dal Morelli, e da altri.

Il suo interno è di forma rotonda, ornato riccamente.

Santuario S.Maria delle Grazie al Trionfale (Roma)

La chiesa ha ereditato il titolo di S.Maria delle Grazie fuori Porta Angelica, demolita nel 1939 per la ristrutturazione di Via di Porta Angelica. Il complesso edilizio, è stato progettato da Tullio Rossi.

La parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale è stata eretta il 13 agosto 1941 ed affidata al clero diocesano di Roma.

La chiesa ha ereditato il titolo di S.Maria delle Grazie fuori Porta Angelica, demolita nel 1939 per la ristrutturazione di Via di Porta Angelica. Il complesso edilizio, è stato progettato da Tullio Rossi.

La Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Trionfale si affaccia sull’omonima piazza. È stata edificata a partire dal 1941, dall’architetto Franco Formari. La facciata è neorinascimentale. Vi sono tre portoni d’ingresso.

Quello centrale è sormontato dallo stemma di Pio XII. L’interno è a tre navate. Gran parte degli arredi provengono dall’edificio demolito. Un restauro degli anni Ottanta ha riguardato la pavimentazione, il tetto ed altre strutture. In tale occasione fu restaurata l’icona bizantina della Madonna delle Grazie, incoronata da Giovanni Paolo II.

Chiesa dei Santi Quaranta Martiri e San Pasquale Baylon (Roma)

Nel VI secolo d.C. cominciò la trasformazione degli edifici della zona in luoghi di culto cristiani. Immediatamente a sud del Lacus Iuturnae è visibile un ambiente di forma quadrangolare, noto come Oratorio dei Quaranta Martiri Sebasteni e dedicato ai quaranta soldati della XII Legione che, agli inizi del sec. IV sarebbero stati posti nell’alternativa di sacrificare agli idoli o morire: avendo rifiutato di apostatare, furono lasciati assiderare nelle acque di un lago ghiacciato a Sebaste.

Nel VI secolo d.C. cominciò la trasformazione degli edifici della zona in luoghi di culto cristiani. Immediatamente a sud del Lacus Iuturnae è visibile un ambiente di forma quadrangolare, noto come Oratorio dei Quaranta Martiri Sebasteni e dedicato ai quaranta soldati della XII Legione che, agli inizi del sec. IV sarebbero stati posti nell’alternativa di sacrificare agli idoli o morire: avendo rifiutato di apostatare, furono lasciati assiderare nelle acque di un lago ghiacciato a Sebaste.

L’oratorio, scoperto nel 1901, fu probabilmente collocato in un precedente edificio in relazione con la sistemazione della chiesa di S. Maria Antiqua.

Le murature conservano ancora resti di pitture: nell’abside era effigiata la scena del martirio dei SS. Quaranta, a sinistra sono due croci adorne di medaglioni istoriati.

Sulla parete sinistra è un affresco con una teoria di santi; sul muro di destra è conservato un affresco che forse rappresenta S. Antonio eremita. Le pitture sono databili al sec. VIII.

Catacombe di Santa Felicita (Roma)

Nel 1812, nell’area delle Terme, fu individuato questo antico oratorio cristiano, ricco di decorazioni ed affreschi, dedicato a Felicita ed ai suoi sette figli martiri durante l’impero di Marco Aurelio.

Nel 1812, nell’area delle Terme, fu individuato questo antico oratorio cristiano, ricco di decorazioni ed affreschi, dedicato a Felicita ed ai suoi sette figli martiri durante l’impero di Marco Aurelio.

La cappella è un ambiente a pianta quadrata con la volta a botte, crollata all’interno dell’edificio stesso, affiancata da due
ambienti attigui, definiti come servizi dell’oratorio medesimo.

Le mura sono di epoca neroniana, ma rimaneggiate successivamente con solai, porte e finestre e scale per uso abitativo.

La camera a destra serbava ancora delle tracce di decorazione, quella di sinistra comunicava con l’oratorio mediante una porticina. Il pavimento dell’aula è rialzato rispetto alla quota originaria del locale.

L’ingresso alla cappella era preceduto da un portico pavimentato con un mosaico. Sulle pareti laterali erano raffigurati due quadri: il primo con Daniele tra i leoni, il secondo con i tre fanciulli ebrei nella fornace di Babilonia.

Chiesa di Santa Martina in tribus foris (Roma)

Gli interventi messi in atto per la trasformazione, anche in questo caso, non sono più riscontrabili.
Si ignorano i particolari agiografici di Santa Martina, martire dell’VIII secolo, che sarebbe stata decapitata al X miglio della via Ostiense.

L’edificio, contiguo alla chiesa di S. Adriano, fu edificato nel Foro Romano.

Gli interventi messi in atto per la trasformazione, anche in questo caso, non sono più riscontrabili.
Si ignorano i particolari agiografici di Santa Martina, martire dell’VIII secolo, che sarebbe stata decapitata al X miglio della via Ostiense.

La chiesa durante il pontificato di Leone III, fu oggetto di restauri.

La costruzione della nuova chiesa di San Luca e Santa Martina ad opera di Pietro da
Cortona, nel 1677 comportò la demolizione di quella più antica.

Probabilmente la trasformazione avvenne sotto Onorio I e anteriore alla fine del VI sec.

S. Maria delle Grazie (Roma)

Ai tempi del suddetto papa, Pier Giovanni Florenzio Patrizi abate perugino, che Paolo V elevò al vescovato di Nocera, migliorò quella chiesa che prese il nome “delle Grazie” e che fu incorporata all’ ospedale.

Anticamente era detta S. Maria de Cannapara, e all’ epoca di Paolo V era una chiesolina semiabbandonata, giacente in luogo umilissimo.

Ai tempi del suddetto papa, Pier Giovanni Florenzio Patrizi abate perugino, che Paolo V elevò al vescovato di Nocera, migliorò quella chiesa che prese il nome “delle Grazie” e che fu incorporata all’ ospedale.

Dinanzi alla medesima, precisamente sull’ angolo della basilica Giulia, vi era il cimitero dell’Ospedale; ed è per questa ragione che scavando in quel luogo alcuni anni fa si rinvennero moltissimi avanzi di cadaveri.

Altare dei Santi Abdon e Sennen presso la Basilica di S. Marco Papa (Roma)

I loro cadaveri furono gettati davanti al Colosso di Nerone, eretto dall’ imperatore omonimo sul vestibolo della sua domus aurea.

Tra le chiese del rione Monti vi è la chiesa dei SS. Abdon e Sennen al Colosseo.

Durante il pontificato di Pio V, questa chiesa era intatta, ma alla fine del secolo XVI o sui primi del XVII fu abbattuta.

Il luogo dove fu edificata ha stretta relazione col racconto degli atti dei due santi persiani che subirono il martirio nella persecuzione di Decio.

I loro cadaveri furono gettati davanti al Colosso di Nerone, eretto dall’ imperatore omonimo sul vestibolo della sua domus aurea.

Recentemente, presso il luogo dove sorge la chiesa, si trovarono accumulate moltissime ossa umane.

Le loro reliquie furono poi ‘depositate’ nella basilica di S. Marco papa, al tempo di papa Sisto IV (1471-1484), infatti nel 1948 si rinvenne sotto l’altare maggiore, un’arca granitica contenente una grande cassa di cipresso con molte reliquie e una pergamena datata 1474, che indicava la deposizione delle reliquie dei santi Marco papa, Abdon e Sennen martiri, Restituto ed altri.

Cappella di San Silvestro presso Chiesa dei Santissimi Quattro Coronati (Roma)

Presso il portico della chiesa dei Santissimi Quattro Coronati vi è la celebre cappella di San Silvestro, ancora intatta, appartenente alla Confraternita degli Scultori e Scalpellini.

Presso il portico della chiesa dei SS. Quattro Coronati vi è la celebre cappella di S. Silvestro, ancora intatta, appartenente alla Confraternita degli Scultori e Scalpellini.

Nelle pareti vi sono pitture tolte dalle Acta Silvestri che si riferiscono alla vita leggendaria di Costantino.

Questi affreschi sono del secolo XIII. Vi si leggeva anche il nome del pittore Petrolinus vissuto ai giorni di Pasquale II.

La cappella fu dedicata nel 1246 dal card. Rinaldo Conti vescovo d’ Ostia e vi rimane ancora l’ iscrizione commemorative di quella consacrazione.

Santa Maria delle Grazie a Porta Angelica (Roma)

L’Albenzio portò con sé dalla Terrasanta, nel 1586, l’immagine della Vergine che si venera sull’altar maggiore detta “delle Grazie” poiché fin dal 12 giugno 1618, giorno che si celebra la festività, la Madonna concesse numerose grazie.

Chiesa dei Padri Eremiti della Penitenza (detti Scalzetti) posta nel Rione Borgo, venne edificata nel1588 da Albenzio Rossi eremita calabrese.

Nel 1618 fu rifatta dal card. Lante con tre navate, come si vede tutt’ora.

L’Albenzio portò con sé dalla Terrasanta, nel 1586, l’immagine della Vergine che si venera sull’altar maggiore detta “delle Grazie” poiché fin dal 12 giugno 1618, giorno che si celebra la festività, la Madonna concesse numerose grazie.

Preceduta da un piccolo portico munito di cancello di ferro, è l’entrata della chiesa. In uno dei due altari presenti all’interno, vi è l’immagine di S.Francesco opera di Biagio Puccini, mentre sull’altro altare, l’opera con l’Assunzione di Maria, è di autore ignoto.

Santuario Sant’Agata in Trastevere (Roma)

Il monastero, rimasto deserto, fu occupato da preti secolari che vi rimasero fino al pontificato di Pio V fondatore della Congregazione della Dottrina Cristiana

Situata nel Rione Trastevere presso Piazza Romana.

Voluta da Gregorio II nel 725 che la dedicò alla madre Onesta morta in quegli anni, trasformando la sua abitazione in chiesa e monastero di S.Agata. Venne riedificata nelle forme attuali su disegno del Recalcati, all’inizio dello scorso secolo.

Opera del Ticozzi è il quadro della Santa titolare e del Crocifisso nell’altare di destra.

Le pitture della volta sono del cav. Girolamo Troppa scolaro del Maratta.

Il monastero, rimasto deserto, fu occupato da preti secolari che vi rimasero fino al pontificato di Pio V fondatore della Congregazione della Dottrina Cristiana.

Soppressi da Benedetto XIV, furono sostituiti dai Padri Dottrinali di S.Maria in Monticelli che tutt’ora vi risiedono.

Santuario di Sant’Agata alla Suburra (Roma)

Un tempo vi era un mosaico con il Salvatore fra 12 Apostoli che andò distrutto nel XVI secolo quando la chiesa fu rinnovata. Si conserva un disegno a colori, nella biblioteca Vaticana, eseguito da Francesco Penna.

Era posta sul Quirinale, nel Rione Monti, nella contrada detta ad Gallinas albas. L’anno preciso di fondazione di questa chiesa non si conosce, comunemente se ne fa fondatore il console Flavio Ricimere.

Un tempo vi era un mosaico con il Salvatore fra 12 Apostoli che andò distrutto nel XVI secolo quando la chiesa fu rinnovata. Si conserva un disegno a colori, nella biblioteca Vaticana, eseguito da Francesco Penna.

Dal 1311 fu parrocchia e nel 1398 fu ridotta in collegiata che vi rimase fino al 1567 quando Pio V la cedette ai Padri Umiliati trasferendo la parrocchia a S.Salvatore. Successivamente Gregorio XIII la cedette ai Padri Olivetani che la ritennero fino al 1809.

La chiesa era preceduta da un atrio quadrato cinto da portico su pilastri, progettato dall’arch. Francesco Ferrari.

L’interno a tre navate divise da colonne. I dipinti sulle pareti di Giacomo Rocca, allievo di Daniele da Volterra, raffiguranti il martirio di Sant’Agata, andarono distrutti durante i restauri fatti sotto Urbano VIII.

Cappella della Santa Croce a Monte Mario (Roma)

Questa chiesa che sorgeva sul monte Mario è stata demolita a causa delle opere di fortificazione intraprese dal genio militare fra il Forte ed il Bastione Vaticano. Essa serbava il ricordo della battaglia vinta da Costantino contro Massenzio ed il trionfo della civiltà cristiana contro il paganesimo.

Questa chiesa che sorgeva sul monte Mario è stata demolita a causa delle opere di fortificazione intraprese dal genio militare fra il Forte ed il Bastione Vaticano. Essa serbava il ricordo della battaglia vinta da Costantino contro Massenzio ed il trionfo della civiltà cristiana contro il paganesimo.

Chiesa dedicata al culto della Croce, forse già esisteva dal secolo VIII e probabilmente le sue origini sono anche più antiche.

Alla fine del secolo XV il celeberrimo oratorio era assai fatiscente e forse profanato per cui la nobile famiglia dei Millini che possedeva la bellissima villa di monte Mario, riedificò ed ampliò sulla vetta del monte un oratorio, eretto dal vicario del papa nel 1350.

I lavori terminarono nel 1470. Negli ultimi secoli fu grande la venerazione dei Romani verso quel santuario, al quale, nelle pubbliche calamità accorsero più volte in processioni di penitenza.

S. Maria delle Piante (Roma)

Si vuole che qui fosse edificata una chiesa detta S.Maria delle Piante a causa delle impronte che lasciò sopra una pietra Gesù quando si imbattè in S.Pietro. conosciuta anche con il nome di S.Maria delle Palme, in quanto quattromila martiri, arsi vivi al tempo di Adriano, ricevettero le palme del martirio.

La chiesa venne terminata dal card. Oliviero Caraffa dopo la morte di Sisto IV.

Piccola chiesa del Rione Ripa, posta sulla via che va a S.Sebastiano fuori dalla porta di Roma. La tradizione popolare ritiene che in questo luogo S.Pietro, fuggendo da Roma, incontrasse Gesù e che lo interrogasse dicendo:” Domine quo vadis?”. Al che gli venne risposto:”Venio Romam, iterum crucifigi”.

Si vuole che qui fosse edificata una chiesa detta S.Maria delle Piante a causa delle impronte che lasciò sopra una pietra Gesù quando si imbattè in S.Pietro. conosciuta anche con il nome di S.Maria delle Palme, in quanto quattromila martiri, arsi vivi al tempo di Adriano, ricevettero le palme del martirio.

Nel 1610, durante il pontificato di Clemente VIII, venne edificata ad opera del sac.Ignazio Floriani da Castel Fidardo.

Ad opera del card. Francesco Barberini nel 1637, venne rinnovata la facciata.

S. Maria della Strada in Chiesa del Gesù

Anche la facciata è del Della Porta. L’architettura è di Giacomo della Porta. Gli affreschi della cupola, con angeli che suonano le trombe, sono opera di G.P. Pozzi , attivo durante il pontificato di Sisto V. Sull’altare S. Giuseppe di Francesco Podesti.

Fu cominciata la sua edificazione nel 1568 dal cardinale Alessandro Farnese che a questo scopo fece abbattere due grandi isolati, nei quali si trovavano le due chiesette antiche di Santa Maria de Astallis e di S. Andrea alle Botteghe Oscure.

I lavori furono cominciati dal Vignola, che poté condurli fino al cornicione. Quando morì gli successe Giacomo della Porta che modificò un poco il piano primitivo della chiesa aggiungendovi le due cappelle rotonde di San Francesco e della Madonna.

Anche la facciata è del Della Porta. L’architettura è di Giacomo della Porta. Gli affreschi della cupola, con angeli che suonano le trombe, sono opera di G.P. Pozzi , attivo durante il pontificato di Sisto V. Sull’altare S. Giuseppe di Francesco Podesti.

L’immagine della Madonna della Strada è un affresco eseguito tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XIV. L’immagine si trovava originariamente nella piccola chiesa detta degli Astalli, successivamente degli Altieri e infine denominata Madonna della Strada.

La cappella della Madonna della Strada è stata disegnata e decorata dall’aquilano P. Giuseppe Valeriano.

Cappella dell’Annunziatella (Roma)

Consacrata nel 1220 e dedicata alla Madonna, è collegata alla tradizione di un’apparizione della Vergine qui avvenuta e fino a tutto l’Ottocento era tradizione per i romani recarvisi in pellegrinaggio nella prima domenica di maggio per dare poi vita ad una festa campestre.

Consacrata nel 1220 e dedicata alla Madonna, è collegata alla tradizione di un’apparizione della Vergine qui avvenuta e fino a tutto l’Ottocento era tradizione per i romani recarvisi in pellegrinaggio nella prima domenica di maggio per dare poi vita ad una festa campestre.

La chiesa era dotata di un ospedale che assisteva i pellegrini colti da malore durante la visita. Anche oggi nella prima domenica di maggio il popolo romano accorre in devoto pellegrinaggio a quel santuario.

Annesso alla chiesa vi era un ospedale di ricovero che accoglieva i pellegrini che , colti da malore, vi si rifugiavano. L’interno è a navata unica con volta a botte ribassata.

Conserva nel suo interno, un prezioso affresco della seconda metà del quattrocento raffigurante l’Annunciazione.

Catacomba di San Valentino (Roma)

Sotto il pontificato di Nicola II l’abate di S. Silvestro vi fece fare alcuni restauri importanti come si rileva da una iscrizione superstite nella quale si parla della Basilica di S. Valentino, come avente portici, un campanile, e un muraglione fortificato per difenderla dagli assalti.

Fu edificata da Giulio I ed ebbe tanta importanza che durante il secolo viii la porta del Popolo fu detta Porta di S. Valentino. Fu restaurata da Onorio I, da Teodoro I e da Leone III e nel secolo ix ebbe anche un monastero che dipese da quello di S. Silvestro in Capite.

Sotto il pontificato di Nicola II l’abate di S. Silvestro vi fece fare alcuni restauri importanti come si rileva da una iscrizione superstite nella quale si parla della Basilica di S. Valentino, come avente portici, un campanile, e un muraglione fortificato per difenderla dagli assalti.

Se ne ha menzione durante il secolo XII, poi la chiesa e il monastero vengono abbandonati tanto che nel secolo XVI, è descritta già in ruderi e completamente rovinata.

Di essa non rimangono che scarsi avanzi: la base dell’abside addossata alla collina, frammenti di basi e di capitelli delle colonne corinzie che sostenevano il tetto, la mensa dell’altare e qualche pezzo delle colonnine del tabernacolo.

Chiesa di San Tommaso in Formis (Roma)

È una chiesa antica sul Celio, che anticamente faceva parte delle venti abbazie privilegiate di Roma. Fu chiamata in formis per essere stata edificata accanto all’acquedotto di Claudio, agli inizi del secolo xi. Innocenzo III la cedette al beato Giovanni de Mata, fondatore dell’ordine dei Trinitari per il riscatto degli schiavi.

È una chiesa antica sul Celio, che anticamente faceva parte delle venti abbazie privilegiate di Roma. Fu chiamata in formis per essere stata edificata accanto all’acquedotto di Claudio, agli inizi del secolo xi. Innocenzo III la cedette al beato Giovanni de Mata, fondatore dell’ordine dei Trinitari per il riscatto degli schiavi.

Fu per qualche tempo commenda cardinalizia, ma nel 1395, il cardinale Porcello Orsini, ultimo commendatore, la cedette al capitolo Vaticano.

Nel 1665 fu restaurata da Alessandro VII e nel 1787 dal capitolo Vaticano che la ridusse allo stato attuale. È aperta una sola volta l’anno, nel giorno festivo di S. Tommaso (21 dicembre).

Il portale e il mosaico rappresentante Gesù assiso fra uno schiavo bianco e uno schiavo nero, con la croce rossa e turchina dei Trinitarii è opera di Giacomo e Cosma, marmorari. Essi furono i figli di Lorenzo, fondatore della famiglia dei Cosmati, ed eseguirono questo lavoro circa nell’anno 1218, epoca in cui venne approvato l’ordine dei Trinitari.

All’interno sono presenti tre altari. Su quello di mezzo, quadro anonimo del secolo xvii.

Basilica di San Sisto Vecchio (Roma)

Viene ricordata nell’anno 499 nel concilio di Simmaco e più tardi nei dialoghi di San Gregorio I. Da allora non se ne ha più menzione fino al 1200, epoca in cui Innocenzo III la restaurò riedificandola dalle fondamenta e aggiungendovi il campanile che ancora si conserva.

Si chiamava anticamente in Piscina, per essere prossima alla Piscina Pubblica ed è di origine antichissima e venne edificata da una matrona chiamata Tigride.

Viene ricordata nell’anno 499 nel concilio di Simmaco e più tardi nei dialoghi di San Gregorio I. Da allora non se ne ha più menzione fino al 1200, epoca in cui Innocenzo III la restaurò riedificandola dalle fondamenta e aggiungendovi il campanile che ancora si conserva.

Sotto Onorio III la chiesa appartenne ai Domenicani e nel contiguo convento abitò S. Domenico prima di andare a Santa Sabina quando venne a Roma per riordinare la regola dei monasteri femminili.

Fu in questa occasione che il Santo cedette chiesa e monastero alle monache del suo ordine che ne presero possesso il 24 febbraio 1219.

Nel 1488 fu restaurata a spese del cardinale Pietro Ferrici e qualche anno più tardi il cardinale Buoncompagni vi fece fare il piazzale anteriore e il soffitto a intaglio. Un altro restauro vi fece Paolo V e Benedetto XIII la ridusse allo stato attuale con architettura del Raguzzini.

Chiesa di San Salvatore in Onda (Roma)

Si ha documenti della sua esistenza nel secolo xii. Nel secolo xiii fu dei religiosi di S. Paolo primo eremita. Fu restaurata nel 1260 da Cesario Cesarini, nel 1684, o nel 1878 da monsignor Cassetta che vi spese parte delle sue ricchezze.

Fu detto “S. Salvatore de unda” non già per la vicinanza del Tevere ma per una sua antica pittura che rappresentava Gesù nel Giordano in atto di ricevere il battesimo.

Si ha documenti della sua esistenza nel secolo xii. Nel secolo xiii fu dei religiosi di S. Paolo primo eremita. Fu restaurata nel 1260 da Cesario Cesarini, nel 1684, o nel 1878 da monsignor Cassetta che vi spese parte delle sue ricchezze.

L’interno è a tre navate, sorrette da colonne di granito. Sulla destra vi è una Cappella dipinta nel 1875 da Cesare Mariani con il quadro Giuditta, l’Apparizione della Madonna a S. Antonio, Ester l’Annunciazione.

Nell’abside è presente la tela di “Gesù fra S. Pietro e S. Paolo”. Nelle pareti intorno: Gli Apostoli, affreschi del Prosperi.

Nel corridoio della sacrestia vi è il sepolcro di Paolo Alvini Silva (1802).

Chiesa di San Salvatore ai Monti (Roma)

Nel 1527 fu distratta durante il sacco di Roma e riedificata nel 1635, a spese del cardinale Barberini, che vi trasportò il collegio dei catecumeni.

È una piccola chiesa vicina alla Madonna dei Monti, cui oggi serve da oratorio.

L’origine è incerta, ma si sa che nel 1046 esisteva già, come si rileva da una epigrafe di Clemente II, nella quale è citata col titolo di S. Andrea.

Più tardi fu detta di S. Salvatore in Suburra e con questo nome ricevette in dono una casa nel 1436.

Nel 1527 fu distratta durante il sacco di Roma e riedificata nel 1635, a spese del cardinale Barberini, che vi trasportò il collegio dei catecumeni.

Ne fu architetto Gaspare de Vecchis.

Gli affreschi e i quadri dell’interno sono di artisti ignoti del secolo XVII.

Chiesa di Santa Rufina e Seconda (Roma)

Sorge in via della Lungaretta nel Rione Trastevere. Appartiene al monastero delle dame del Sacro Cuore e fu edificata sopra un edificio romano che la tradizione vuole appartenesse alle martiri Rufina e Seconda

Sorge in via della Lungaretta nel Rione Trastevere. Appartiene al monastero delle dame del Sacro Cuore e fu edificata sopra un edificio romano che la tradizione vuole appartenesse alle martiri Rufina e Seconda.

Anticamente apparteneva al capitolo di S. Maria in Trastevere, ma nel 1600 fu ceduta ad alcune dame forestiere che facevano vita comune.

Fu in questa occasione che Francesca Montjoy, francese, la fece restaurare nel 1602, come si rileva da una iscrizione che è dietro l’altare. II campanile della chiesa, che è chiuso al pubblico è opera del secolo XIII.

Nel 1807 gli Zuavi pontifici occuparono questo campanile per sparare da lassù contro i cospiratori.

La chiesa, appartenuta al capitolo di Santa Maria in Trastevere, nel 1601 diviene di proprietà delle suore Orsoline, fondate da Francesca Moutioux. Queste si occupano di far restaurare la chiesa e di far costruire il monastero, come testimoniato da una iscrizione posta dietro l’altare della chiesa. L’area rimane di sola proprietà delle Orsoline fino al 1800 quando ad esse, diminuite in numero, vengono unite le monache della Santa Croce. Nel 1807 gli Zuavi pontifici occuparono il campanile per far fuoco di lassù contro i cospiratori radunati in casa Ajani.

Nel 1831 il monastero viene dato alle suore del Sacro Cuore di Santa Maddalena Sofia Barat mentre alle poche orsoline rimaste vengono concessi solamente dei locali all’interno dello stesso monastero. Nel 1917 l’edificio diventa di proprietà delle Suore dell’immacolata Concezione di Ivrea che a partire dagli anni Ottanta hanno adibito i locali a residenza universitaria.

Sacrestia Vaticana – Santa Maria della Febbre (Roma)

Nel 1776 Pio VI volle edificare la sacrestia attuale, e demolita la chiesetta esistente, ne incorporò gli avanzi nel nuovo edificio che fu terminato nell’anno 1784. Architetto della fabbrica e degli edifici vicini fu Carlo Marchionni. Nel primo vestibolo vi sono le statue di S. Pietro e di San Paolo di Paolo Tacconi detto Paolo Romano.

La sacrestia vaticana era anticamente una piccola chiesa dedicata a S. Maria della Febbre, in memoria forse dell’antica Dea Febre pagana. Nel secolo XV si chiamava anche “della bocciata”, perchè percossa un giorno da un giocatore di bocce, compì un prodigio. Ma fino da quando furono cominciati i lavori della basilica nuova, essa venne adoperata come sacrestia.

Nel 1776 Pio VI volle edificare la sacrestia attuale, e demolita la chiesetta esistente, ne incorporò gli avanzi nel nuovo edificio che fu terminato nell’anno 1784. Architetto della fabbrica e degli edifici vicini fu Carlo Marchionni. Nel primo vestibolo vi sono le statue di S. Pietro e di San Paolo di Paolo Tacconi detto Paolo Romano.

Erano anticamente ai piedi della scalinata esterna ma Pio IX le fece togliere di là e le fece sostituire con le due attuali moderne. Nel secondo vestibolo vi è la Statua di S. Andrea.

È attribuita allo stesso Paolo Romano, ma evidentemente è opera posteriore, del secolo xvi. Si dice che fu ordinata nel 1570 dal cardinale Francesco Piccolomini.

Basilica di San Pietro in Vaticano (Roma)

Dopo la morte di Raffaello, Leone X incaricò dei lavori Baldassarre Peruzzi, che per economizzare tempo e denaro ridusse nuovamente la basilica a croce greca. Però nel 1521 anche Leone moriva e i suoi successori non si preoccuparono troppo di proseguire nella riedificazione incominciata.

Costantino edificò la basilica primitiva a forma di croce latina coi materiali provenienti in gran parte dalla mole Adriana. Papa Silvestro consacrò la nuova basilica il 18 novembre 324.

Nicola V decise di rinnovarla dalle fondamenta. L’incarico di questa riedificazione fu dato a Bernardo Rossellino e a Leon Battista Alberti: ma l’opera non avanzò e alla morte di Nicola V, rimase interrotta e abbandonata. Giulio II chiamato il Bramante a Roma ordinò che un nuovo edificio surrogasse la basilica primitiva.

La prima pietra fu posta solennemente dal Papa in persona il 18 aprile 1506: il Bramante aveva concepito una chiesa a croce greca, con una grande cupola centrale e quattro cupole minori ai lati. Ma la morte di questo artista avvenuta nel 1514 interruppe il lavoro.

Fu allora che Leone X affidò i lavori della Basilica a Giuliano da Sangallo che mori nel 1515, a fra Giocondo da Verona, che morì nel 1516 e a Raffaello Sanzio che morì nel 1520. Dopo la morte di Raffaello, Leone X incaricò dei lavori Baldassarre Peruzzi, che per economizzare tempo e denaro ridusse nuovamente la basilica a croce greca. Però nel 1521 anche Leone moriva e i suoi successori non si preoccuparono troppo di proseguire nella riedificazione incominciata.

Paolo III volle che il lavoro fosse ripreso e nominò a dirigerlo Giuliano da Sangallo il quale, morto nel 1546, fu sostituito da Michelangelo Buonarroti. Questi cambiò radicalmente il piano all’opera: conservò la croce greca, ideò la cupola a doppia volta, sostituì i piloni saldissimi alle colonne; delineò la facciata che doveva ricordare quella del Pantheon e propose che fosse incrostata di travertino invece della pietra voluta dal Bramante.

Paolo III approvò il disegno di Michelangelo e lo nominò architetto del Vaticano, carica che tenne fino all’anno 1564 in cui morì. A succedergli, fu chiamato Giacomo Barozzi da Vignola con l’obbligo di non introdurre nessuna novità nel modello Michelangiolesco.

Successore di questo architetto fu Giacomo della Porta a cui fu dato per aiuto Carlo Fontana che morì prima di lui, il quale compì la cupola e terminò la cappella Clementina secondo i piani del Buonarroti.

Paolo V volle che l’asse della chiesa fosse prolungato in modo che ogni parte dell’antico edificio potesse esser contenuto dal nuovo e ordinò che questi lavori fossero fatti da Carlo Maderno.

Questi mise mano all’opera il 7 maggio 1607 e vi aggiunse la facciata. Il 18 novembre del 1626, Urbano VIII consacrò solennemente la nuova chiesa.

Chiesa di San Pietro e Marcellino (Roma)

E’ certo che quel luogo apparteneva al fisco imperiale e che qui, nel IV secolo, fu eretto un mausoleo dove si conservò il grande sarcofago Parfiretico oggi al Vaticano.

Sorge sulla via Labicana nel borgo detto Tor Pignattara. La chiesa di S. Pietro e Marcellino è stata edificata nel cimitero di questi martiri, dentro le rovine dell’antico mausoleo di Santa Elena. La tradizione vuole che qui vi fosse sepolta la madre di Costantino e questa tradizione è accettata e riportata dal Libro Pontificale nelle vite di Silvestro, e di Adriano I.

E’ certo che quel luogo apparteneva al fisco imperiale e che qui, nel IV secolo, fu eretto un mausoleo dove si conservò il grande sarcofago Parfiretico oggi al Vaticano.

Questo sarcofago rimase per diverso tempo nella basilica primitiva che venne detta ad duas lauros finchè nel 1153, Anastasio IV lo trasportò a S. Giovanni in Laterano. L’opinione più accreditata è che l’Imperatrice si edificasse in vita quel mausoleo, ma che poi cambiate le condizioni politiche, seguisse il figlio nella nuova metropoli dove morì. Rimasto dunque abbandonato, il mausoleo cadde in rovina, e vi restò fino a Urbano VIII che lo sgombrò dei calcinacci cadenti e vi edificò la chiesa attuale di S. Pietro e Marcellino che dette in custodia al capitolo lateranense il quale la tenne fino al 1858.

Questa chiesa fu restaurata nel 1769 dal cardinale Nerio Corsini, nel 1779 e nel 1858 da Pio IX.

Oratorio di San Pietro in Carcere (Roma)

Sembra però che la cella centrale, di forma rotonda, fosse un antico serbatoio. Nella parte sotterranea vi è la fonte che S. Pietro avrebbe fatto scaturire miracolosamente per battezzare S. Processo e S. Martiniano con 47 dei suoi compagni.

Al foro Romano. È un oratorio edificato nel carcere mamertino ove secondo tradizioni del iv e v secolo vennero chiusi gli Apostoli Pietro e Paolo.

L’origine di questo Oratorio è antica e si trova già menzionato nel Libro Pontificale, nella vita di Gregorio III e nell’Itinerario di Einsielden. Si vuole comunemente che fosse venerato e trasformato in Oratorio fin dal iv secolo.

Più tardi si trova anche menzionato col titolo di S S. Crocifisso di Campo Vaccino per una immagine che vi si venera. È l’edificio dell’antico carcere che secondo la tradizione di Tito Livio sarebbe stato costruito da Anco Marzio.

Sembra però che la cella centrale, di forma rotonda, fosse un antico serbatoio. Nella parte sotterranea vi è la fonte che S. Pietro avrebbe fatto scaturire miracolosamente per battezzare S. Processo e S. Martiniano con 47 dei suoi compagni.

Chiesa di Santa Passera – Cappella Santi Ciro e Giovanni (Roma)

In seguito il nome di Ciro si prestò a diverse modificazioni: si cominciò col dire: Abbas Cirus, poi Abbaciro, Appacero, Pacero, Pacera e Passera, così che verso il secolo xv fu adottato questo nome e la chiesa venne detta di Santa Passera.

Sorge sulla via Portuense, di faccia alla basilica di S. Paolo. È una chiesetta la cui origine risale a Innocenzo I, quando furono in quel luogo deposti i corpi di S. Giovanni e Ciro: e dal nome dei due santi fu chiamata la cappella votiva.

In seguito il nome di Ciro si prestò a diverse modificazioni: si cominciò col dire: Abbas Cirus, poi Abbaciro, Appacero, Pacero, Pacera e Passera, così che verso il secolo xv fu adottato questo nome e la chiesa venne detta di Santa Passera.

Si vuole che fosse eretta dalla matrona Teodora e si trova citata nella vita di S. Gregorio scritta da Giovanni Diacono. La chiesa nel suo interno non contiene opere d’arte. Sulla porta dell’Ipogeo si leggono questi due versi:
corpora Sancti Cyri renitent hic atque Joannis Quae quondam Romae dedit Alexandria Magna.
(Qui risplendono i santi corpi di Ciro e Giovanni che un giorno la grande Alessandria dette a Roma).

Abbazia delle Tre Fontane (Roma)

Più tardi per la santità del luogo, vari oratori sorsero nei dintorni, finchè Teodoro I nell’anno 643, non vi edificò un grande monastero che dette in custodia ad alcuni monaci che abitavano in uno di quegli oratori dedicato a S. Vincenzo. Al monastero unì poi una basilica intitolata a Maria e una cappelletta dedicata a S. Giovanni Battista.

Sorge sulla via Ostiense a tre chilometri dalla Basilica di S. Paolo. In un documento del 362 porta il nome di acque Salvie per indicare quella località, dove la tradizione voleva che l’Apostolo Paolo fosse stato decapitato sotto un pino.

Più tardi per la santità del luogo, vari oratori sorsero nei dintorni, finchè Teodoro I nell’anno 643, non vi edificò un grande monastero che dette in custodia ad alcuni monaci che abitavano in uno di quegli oratori dedicato a S. Vincenzo. Al monastero unì poi una basilica intitolata a Maria e una cappelletta dedicata a S. Giovanni Battista.

Ma l’anno 780, per incuria dei frati, questi edifici furono distrutti da un violento incendio cosicchè Adriano I, allora papa, dovette riedificarli. Nell’805 Leone III arricchì di nuovo il monastero di ornamenti preziosi. Nel 1140, Innocenzo II tolse l’abazia ai Benedettini che l’avevano avuta fino ad allora e la dette ai monaci Cistercensi di San Bernardo.

Onorio III la restaurò nel 1221. Nel 1825 Leone XII la tolse ai Cistercensi per darla ai frati minori, i quali la ritennero fino al 1868, epoca in cui Pio IX la dette ai fratti francesi della Trappa che ancora la ritengono.

Basilica di San Pancrazio (Roma)

L’origine di questa antica basilica è incerta, ma si sa che nell’anno 498 il papa Simmaco la ingrandì e vi fece edificare delle terme per uso del clero. Queste terme presso le basiliche erano assai comuni in quell’epoca. Nel 522 fu posta sotto l’amministrazione dei preti di San Crisogono e qualche anno dopo San Gregorio la fece restaurare e vi recitò la XXVII omelia.

L’origine di questa antica basilica è incerta, ma si sa che nell’anno 498 il papa Simmaco la ingrandì e vi fece edificare delle terme per uso del clero. Queste terme presso le basiliche erano assai comuni in quell’epoca. Nel 522 fu posta sotto l’amministrazione dei preti di San Crisogono e qualche anno dopo San Gregorio la fece restaurare e vi recitò la XXVII omelia.

Altri restauri vi fecero Onorio I e Adriano I il quale ingrandì l’attiguo convento. L’11 Novembre 1205 il papa Innocenzo III vi ricevette Pietro d’Aragona che giurò in quella chiesa fedeltà alla santa sede.

Nel 1609 il cardinale Luigi Torres la riedificò dalle fondamenta distruggendo l’architettura primitiva e questi lavori furono terminati nel 1673. Nel 1799, le armate napoleoniche la manomisero e per mezzo secolo la chiesa rimase rovinata. Ma nella prima metà del secolo XIX fu restaurata e ridotta allo stato attuale e un altro restauro fu fatto nel 1851, dopo il bombardamento dei francesi.

La facciata risale all’epoca di Innocenzo VIII di cui si scorge ancora lo stemma. Anticamente sul piazzale dinanzi alla porta c’era una fonte che andò distrutta nel secolo XVIII. L’interno è a tre navate con il soffitto di legno intagliato, senza dorature.

Sull’ Altare Maggiore vi è l’urna di porfido contenente il corpo del Santo.

Chiesa di San Marcello al Corso (Roma)

Si narra ancora che in questo luogo avesse casa Lucina, matrona romana, la quale nel 305 la donò a Marcello papa per edificarvi una chiesa. Nel 775 Adriano I la restaurò dalle fondamenta. Nel 1370 Gregorio XI la cedette ai Serviti.

Una delle chiese più singolari per la sua storia. Si racconta che nei pressi sorgesse un tempio d’Iside esorata” e che durante gli scavi si rinvenne un sasso con le parole “Templum Isidis exorate”.

Si narra ancora che in questo luogo avesse casa Lucina, matrona romana, la quale nel 305 la donò a Marcello papa per edificarvi una chiesa. Nel 775 Adriano I la restaurò dalle fondamenta. Nel 1370 Gregorio XI la cedette ai Serviti.

Nel 1597 fu riedificata dal Sansovino che voltò la facciata verso il corso, aprendo la porta attuale e riducendo ad abside l’antico ingresso.

Nei primi anni del secolo XVIII, Carlo Fontana disegnò la facciata che fu adorna di sei statue di Francesco Cavallini e da un bassorilievo in stucco, rappresentante “S. Filippo Benizi” di Antonio Raggi. Gli affreschi della volta e delle pareti furono cominciati da Pierin del Vaga e terminati, dopo la sua morte, da Daniele da Volterra e Pellegrino da Modena. Sull’altare: una tavola che copre il Crocefisso, dipinta ad angeli su fondo d’oro da Luigi Garzi.

La volta è dipinta da Antonio Bicchierari e le pareti laterali da Domenico Corvi. Le storie sulle pareti laterali della nave centrale e la “Crocefissione” sopra la porta d’ingresso, sono di Luigi Garzi.

Chiesa di Santa Maria Immacolata Concezione (Roma)

Questa copia ci mostra il disegno originale, come era prima del rifacimento, che lo ha snaturato. Nella sacrestia il Ritratto di Frate Elia, tavola del secolo xiv. Il sotterraneo è formato dall’antico cimitero dei cappuccini, diviso in tre cappelle, le cui pareti sono decorate con le ossa di 4000 frati, le quali formano un disegno di stile rococò.

Si trova presso il convento dei Cappuccini a piazza Barberini. Fu fondata dal cardinale Antonio Barberini, nipote di Urbano VIII nel 1624 e il suddetto pontefice ne pose la prima pietra. L’architetto fu Antonio Casoni, che costruì anche il convento, dove si trasferirono i frati minori da quello di S. Bonaventura dei Lucchesi, troppo ristretto.

All’ Altar maggiore il dipinto “La Concezione”, quadro di Gioacchino Bombelli dall’originale del Lanfranco, distrutto da un incendio. In terra davanti all’altar maggiore vi è la pietra tombale del cardinal Barberini con questa iscrizione: Hic jacet pulvis et cinis et nihil (Qui giace polvere, cenere e niente).

Sopra la porta d’ingresso “La navicella di S. Pietro”, copia su tela del mosaico giottesco di S. Pietro in Vaticano fatta da Francesco Baretta per ordine di Urbano VIII.

Questa copia ci mostra il disegno originale, come era prima del rifacimento, che lo ha snaturato. Nella sacrestia il Ritratto di Frate Elia, tavola del secolo xiv. Il sotterraneo è formato dall’antico cimitero dei cappuccini, diviso in tre cappelle, le cui pareti sono decorate con le ossa di 4000 frati, le quali formano un disegno di stile rococò.

Ogni sepolcro è riempito con la terra recata da Gerusalemme. Queste catacombe sono illuminate nella ricorrenza della festa dei morti.

Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli (Roma)

Le decorazioni in stucco sono di Melchiorre Cefa di Malta. Sull’altare, in alto, un pezzo di alabastro trasparente a forma di croce, che proviene dall’antica chiesa del Portico d’Ottavia.

Nel 1650 per onorare una immagine miracolosa, conservata nel Portico d’Ottavia e alla quale si attribuiva la cessazione della peste in quell’anno, Alessandro VII ordinò l’erezione di questa chiesa che fu detta in Porticu.

L’architettura è di Carlo Rainaldi a cui si deve anche la facciata. A croce latina il pavimento fu fatto fare a spese di Pio IX nel 1857. Sull’altare maggiore si venera l’antica immagine della Vergine.

Le decorazioni in stucco sono di Melchiorre Cefa di Malta. Sull’altare, in alto, un pezzo di alabastro trasparente a forma di croce, che proviene dall’antica chiesa del Portico d’Ottavia.

Nel piccolo corridoio laterale vi è il sepolcro del protodiacono Bofondi, scolpito da Fabio Altini nel 1867.

Ai lati due sepolcri di granito con sopra due busti della famiglia Altieri, scolpiti da Giuseppe Mazzuoli.

Chiesa di Santa Maria della Pietà (Roma)

Benedetto XIII trasferì l’antico ospedale in uno più grande e più moderno, che aveva fatto costruire presso la Porta di S. Spirito, e concesse la chiesa ed il fabbricato contiguo alla compagnia dei Bergamaschi. Essi fecero restaurare il complesso immobiliare da Gabriele Valvassori e continuarono a tenere l’ospedale a servizio dei loro connazionali.

E’ situata in piazza Colonna. Fu costruita nel 1561 da una compagnia di fedeli sotto il titolo di Santa Maria della Pietà, con un ospedale per i pazzi poveri che fu poi trasferito a S. Spirito per ordine di Benedetto XIII Fu allora comprata dalla confraternita dei Bergamaschi che la restaurarono e vi aggiunsero la facciata del De Dominicis.

La facciata è a un solo ordine con a coronamento un timpano triangolare ondulato. L’interno presenta una pianta a navata unica con tre cappelle per lato e la sala coperta da una volta decorata con stucchi e affreschi di un anonimo artista del XIX secolo.

La chiesa era dedicata a S. Maria della Pietà per avere annesso un ospedale psichiatrico, fondato nel 1548 dallo spagnolo Ferrante Ruiz.

Benedetto XIII trasferì l’antico ospedale in uno più grande e più moderno, che aveva fatto costruire presso la Porta di S. Spirito, e concesse la chiesa ed il fabbricato contiguo alla compagnia dei Bergamaschi. Essi fecero restaurare il complesso immobiliare da Gabriele Valvassori e continuarono a tenere l’ospedale a servizio dei loro connazionali.

Chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria (Roma)

Nel 1886 Leone XIII stabiliva speciali indulgenze per l’altare dell’ultima cappella a destra. A questa chiesa era unito un ospizio per i pellegrini spagnuoli, dove dimorò per qualche tempo Ignazio da Loyola, quando venne per la prima volta a Roma. I cassoni del soffitto furono disegnati da Antonio da Sangallo.

Sorge in piazza Navona. Anticamente era dedicato a S. Giacomo degli Spagnuoli ed era stato eretto dall’Infante di Castiglia Don Enrico, figlio di Alfonso III nell’anno 1259.

Caduta in rovina, sul finire del secolo scorso fu abbandonata, finché nel 1879 venne acquistata dai padri francesi del Sacro Cuore che la fecero interamente restaurare, trasportando la facciata principale, dalla piazza Madama, alla piazza Navona.

Nel 1886 Leone XIII stabiliva speciali indulgenze per l’altare dell’ultima cappella a destra. A questa chiesa era unito un ospizio per i pellegrini spagnuoli, dove dimorò per qualche tempo Ignazio da Loyola, quando venne per la prima volta a Roma. I cassoni del soffitto furono disegnati da Antonio da Sangallo.

Si può trovare qualche traccia della decorazione antica, nella quarta cappella a destra, dove rimangono alcuni affreschi murali di Pellegrino da Modena, ma mezzo rovinati e in cattivissimo stato. Questa cappella è oggi chiusa da una tenda rossa che nasconde l’organo.

Il paliotto dell’altar maggiore è fatto con un pluteo bizantino del VII secolo.

Basilica Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio (Roma)

Ai lati, sulla cornice due statue di mamo: S. Francesco di Sales di Costantino Baroni e S. Agostino di Adolfo Pantarese. Le tre grandi porte in legno di castagno, furono intagliate dagli artigianelli dell’ospizio di S. Francesco a Torino. L’interno è a tre navate divise da otto colonne di granito grigio di Baveno. Il pavimento di marmo fu eseguito dai fratelli Repetto e gli intagli e le dorature del soffitto da Andrea Bevilacqua.

Nella zona dove sorge l’odierna Basilica del Sacro Cuore esistevano nell’antichità due complessi monumentali dell’epoca imperiale: il Castro Pretorio e le Terme di Diocleziano.

Fu edificato dal prete piemontese Don Bosco nel 1880, con le offerte raccolte dalle elemosine dei fedeli e ne fu architetto Francesco Vespignani.

La facciata è di stile bramantesco ed ha tre porte, i cui architravi furono eseguiti dal carrarese Bardo Bardi per la principale e da Giovanni Zampa per le altre due.

Ai lati, sulla cornice due statue di mamo: S. Francesco di Sales di Costantino Baroni e S. Agostino di Adolfo Pantarese. Le tre grandi porte in legno di castagno, furono intagliate dagli artigianelli dell’ospizio di S. Francesco a Torino. L’interno è a tre navate divise da otto colonne di granito grigio di Baveno. Il pavimento di marmo fu eseguito dai fratelli Repetto e gli intagli e le dorature del soffitto da Andrea Bevilacqua.

Gli angeli che sostengono le acquasantiere sono di Francesco Orlandi. I quadri di questo soffitto furono dipinti da Virginio Monti, il quale eseguì anche il fresco della cupola rappresentante una scena del Paradiso.

Statua Madonna del Parto in Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio (Roma)

La Madonna del Parto che la tradizione vuole fosse stata realizzata con l’adattamento di un’antica statua romana raffigurante Agrippina con il piccolo Nerone in braccio, è opera di Jacopo Tatti detto il Sansovino. È forse la più venerata della Madonne romane, traboccante di ex voto di ogni genere.

La chiesa di S.Agostino, situata nell’omonima piazza, fu una delle prime chiese romane del Rinascimento e fu eretta dal 1479 al 1482 da Giacomo da Pietrasanta e Sebastiano da Firenze. L’interno, a croce latina, è suddiviso in tre navate.

La Madonna del Parto che la tradizione vuole fosse stata realizzata con l’adattamento di un’antica statua romana raffigurante Agrippina con il piccolo Nerone in braccio, è opera di Jacopo Tatti detto il Sansovino. È forse la più venerata della Madonne romane, traboccante di ex voto di ogni genere.

La devozione fu viva fino a circa la metà del ‘700; poi decadde per la chiusura provvisoria della chiesa, finché si ridestò vivace nel 1820 per opera specialmente del pio Leonardo Bracci.

Da allora in poi fu un crescendo di preghiere e di grazie, sicché la Madonna di S. Agostino divenne la Madonna dei Romani. Il 2 luglio 1851 fu incoronata dal Capitolo di S. Pietro.

Mater Admirabilis in Chiesa della Trinità dei Monti (Roma)

La prima immagine di Maria Mater Admirabilis è un affresco che si trova a Trinità dei Monti a Roma. Nel XIV secolo, Francesco di Paula fondò un monastero conosciuto come Trinità dei Monti.

La prima immagine di Maria Mater Admirabilis è un affresco che si trova a Trinità dei Monti a Roma. Nel XIV secolo, Francesco di Paula fondò un monastero conosciuto come Trinità dei Monti.

Nel 1828, tale monastero venne abbandonato e papa Leone XII espresse il desiderio di offrirlo alle religiose del Sacro Cuore e questo avvenne nel 1828. Da allora, il monastero è diventato un luogo importante per tutti coloro che vogliono vedere la Mater Admirabilis.

La storia dell’affresco inizia nel 1844 quando una giovane ragazza francese, Pauline Pedrau espresse alla madre superiora Cariolis il desiderio di dipingere “Nostra Signora” in una nicchia lungo il corridoio che dava verso il chiostro.

Il 20 ottobre del 1846, papa Pio IX, visitò il monastero di Trinità dei Monti e vedendo il dipinto esclamò: Mater Admirabilis! da qui il nome attribuito immediatamente al quadro. Papa Pio IX servì l’Eucaristia proprio davanti al quadro miracoloso. L’immagine raffigura Maria da giovane, al tempio di Gerusalemme.

Inizialmente il quadro venne chiamato “Madonna del giglio “ simbolo della purezza di Nostra Signora.

Cripta dei Cappuccini (Roma)

La chiesa sarà costruita tra il 1626 ed il 1630 e nel 1631 vi sarà trasferito il cimitero dell’Ordine che prima si trovava nella chiesa di S. Croce e Bonaventura dei Lucchesi, ai piedi del Quirinale.

Tradizionalmente nota come “I Cappuccini”, questa chiesa deve la sua fama alla presenza dell’ossario composto con i resti di migliaia di frati dell’Ordine.

Nel 1626 Urbano VIII Barberini concede ai padri Cappuccini di entrare in possesso del terreno su cui sorgerà la chiesa e l’annesso convento, a poca distanza dal palazzo della famiglia Barberini.

La chiesa sarà costruita tra il 1626 ed il 1630 e nel 1631 vi sarà trasferito il cimitero dell’Ordine che prima si trovava nella chiesa di S. Croce e Bonaventura dei Lucchesi, ai piedi del Quirinale.

L’architettura è di Antonio Casoni; l’interno è ad una navata, con cinque cappelle per parte.

Cappella dell’Apparizione in Sant’Andrea delle Fratte (Roma)

Nella lunga storia della ricostruzione spicca l’intervento di Francesco Borromini che, tra il 1653 e la sua morte nel 1667, realizzò il campanile, l’abside e il tamburo della cupola, rimasti incompleti perchè privi del previsto rivestimento marmoreo.

La Medaglia Miracolosa della chiesa di San Andrea delle Fratte è legata alla apparizione della Madonna ad Alfonso Ratisbonne che avvenne in questa chiesa il 20 gennaio 1842. La chiesa passò nel 1585 ai Padri Minimi di S. Francesco di Paola, e nel 1595 si costruì la chiesa su disegno di Gaspare Guerra.

I lavori presto si interruppero, per essere completati solo nel 1826, quando fu costruita la parte superiore della facciata, rimasta incompleta per due secoli.

Nella lunga storia della ricostruzione spicca l’intervento di Francesco Borromini che, tra il 1653 e la sua morte nel 1667, realizzò il campanile, l’abside e il tamburo della cupola, rimasti incompleti perchè privi del previsto rivestimento marmoreo.

All’interno sono visibili due capolavori della scultura barocca, una coppia di angeli marmorei che Gian Lorenzo Bernini scolpì di mano propria per la serie della via Crucis di ponte S. Angelo.

Chiesa di San Callisto (Roma)

Sorge sulla piazza omonima, tra quella di S. Maria in Trastevere e via di S. Francesco a Ripa. Secondo la tradizione sorge sul luogo dove papa Callisto I (217-222) subì il martirio, e dove la comunità cristiana a memoria di ciò costruì un oratorio; una chiesa vera e propria vi fu costruita nell’VIII secolo, e poi nel XII.

Sorge sulla piazza omonima, tra quella di S. Maria in Trastevere e via di S. Francesco a Ripa. Secondo la tradizione sorge sul luogo dove papa Callisto I (217-222) subì il martirio, e dove la comunità cristiana a memoria di ciò costruì un oratorio; una chiesa vera e propria vi fu costruita nell’VIII secolo, e poi nel XII.

La chiesa attuale fu ricostruita dalle fondamenta nel 1610: la facciata della chiesa è di impianto ancora cinquecentesco, a due ordini.

L’interno è una semplice aula rettangolare con due cappelle laterali, molto rimaneggiata dai restauri degli anni ’30 del XX secolo.

Chiesa di Santa Maria della Quercia (Roma)

Chiesa del Rione Regola posta fra le due piazze Farnese. Questa chiesa di origine trecentesca, offiziata dalla compagnia dei macellai di Roma che la ottennero da Clemente VII nel 1532 avevano come protettrice la Madonna della Quercia.

Chiesa del Rione Regola posta fra le due piazze Farnese. Questa chiesa di origine trecentesca, offiziata dalla compagnia dei macellai di Roma che la ottennero da Clemente VII nel 1532 avevano come protettrice la Madonna della Quercia.

Venne riedificata nel pontificato di Benedetto XIII dal cav. Filippo Raguzzini. La leggenda di fondazione narra che un certo Battista Calvaro fece dipingere su una tegola l’immagine di Maria e la pose su di un ramo di quercia entro un suo podere a Viterbo.

Lì rimase per sessant’anni quando nel 1467 col manifestarsi di numerose grazie, si decise di erigere una chiesa con annesso monastero, che Paolo II dette in concessione ai Padri Domenicani.

Chiesa di Santa Maria in Via o Madonna del Pozzo (Roma)

La chiesa di S. Maria in Via viene menzionata già da prima dell’anno mille, la conformazione attuale è dovuta al progetto di Francesco da Volterra e di Giacomo Della Porta che iniziarono a costruire la nuova chiesa nel 1594, i lavori finirono nel 1670 sotto la direzione di Girolamo Rainaldi.

Un’ immagine della Madonna miracolosamente affiorò da un pozzo, che tracimando allagò il rione. L’allagamento cessò appena fu ritrovata l’immagine mariana e dell’avvenimento datato 1256, la chiesa viene chiamata comunemente “Madonna del Pozzo“.La prima cappella a destra è quella che contiene l’immagine della Madonna del Pozzo che in origine era la stalla di palazzo del Card. Capocci e fu il cardinale stesso a trovare l’immagine durante l’allagamento.
Dopo aver appurato l’avvenuto miracoloso, Alessandro VII fece collocare l’immagine vicino al pozzo dalla quale fuoriuscì e da allora anche alle acque del pozzo vengono attribuite virtù taumaturgiche.

La chiesa di S. Maria in Via viene menzionata già da prima dell’anno mille, la conformazione attuale è dovuta al progetto di Francesco da Volterra e di Giacomo Della Porta che iniziarono a costruire la nuova chiesa nel 1594, i lavori finirono nel 1670 sotto la direzione di Girolamo Rainaldi.

La facciata è a due ordini con grande finestra centrale, l’interno è a navata unica con quattro cappelle per lato. A causa dell’umidità al di sottto della chiesa, si sono deteriorati alcuni affreschi del Cav. D’Arpino (1596) che decorano in parte la cappella Aldobrandini che sono stati più volte restaurati.
Nella quarta cappella a destra vi è un bel Crocifisso sull’altare.

Chiesa della Natività di Gesù (Roma)

Qui veniva esposto il Santissimo nell’imminenza dell’esecuzione di una condanna a morte e si avvertivano i fedeli che avrebbero usufruito dell’indulgenza plenaria per sé e per il condannato, del quale si scriveva il nome in un’apposita tabella, se, confessati e comunicati, vi avessero fatto visita. La tradizione, inoltre, vuole che qui si conservino le fasce che avvolsero Gesù.

Di fronte alla statua di Pasquino si trova la Chiesa della Natività di Gesù officiata dalla Compagnia della Natività, un pio sodalizio che pregava per gli agonizzanti e per i condannati a morte.

Qui veniva esposto il Santissimo nell’imminenza dell’esecuzione di una condanna a morte e si avvertivano i fedeli che avrebbero usufruito dell’indulgenza plenaria per sé e per il condannato, del quale si scriveva il nome in un’apposita tabella, se, confessati e comunicati, vi avessero fatto visita. La tradizione, inoltre, vuole che qui si conservino le fasce che avvolsero Gesù.

La chiesa fu costruita alla fine del Seicento ma l’aspetto attuale è frutto di vari restauri, l’ultimo dei quali risale al 1862, come ricorda l’iscrizione sulla facciata. L’interno è a una sola navata con volta a botte e due altari per lato.

L’edificio era proprietà del cremonese Giovanni Antonio Alessandri, il quale si era arricchito con i lavori di oreficeria e quando un incendio distrusse la sua casa, non badò a spese ricostruendola fedelmente, come recita la lapide apposta sull’edificio.

Mater Misericordiae in chiesa di San Niccolò dei Prefetti (Roma)

E’ detta anche S.Nicolino per le sue dimensioni ridotte o S.Niccolò dei Prefetti. La chiesa, secondo la tradizione, risale ai tempi del pontefice S.Zaccaria e fin dal XII secolo è nota con il sopracitato appellativo de Praefecto.

E’ detta anche S.Nicolino per le sue dimensioni ridotte o S.Niccolò dei Prefetti. La chiesa, secondo la tradizione, risale ai tempi del pontefice S.Zaccaria e fin dal XII secolo è nota con il sopracitato appellativo de Praefecto.

Nel 1567 papa Pio V concesse la chiesa ai Padri Domenicani di S.Sabina, i quali ristrutturarono l’edificio inglobandolo nella costruzione del nuovo convento: questi lavori, iniziati nel 1582 e proseguiti a più riprese fino al 1730, cancellarono definitivamente il carattere medioevale della chiesa antica.

Nel 1848 S.Niccolò fu ceduto alla Confraternita del SS.Crocifisso Agonizzante che provvide, su progetto del confratello Paolo Belloni, alla trasformazione del presbiterio ed alla nuova decorazione interna della chiesa L’interno, ad aula rettangolare con volta a botte, presenta due altari per parte, mentre il presbiterio quadrato è coperto con volta a crociera.

La chiesa conserva anche una Sacra Immagine della Vergine del XVII secolo, qui collocata nel 1848 ma precedentemente situata in un botteghino del Lotto situato nelle vicinanze.

La Mater Misericordiae divenne famosa nel 1796 quando fu vista muovere gli occhi e piangere a causa dell’invasione francese nello Stato Pontificio e, a seguito dell’enorme afflusso di devoti che mise in crisi la viabilità della zona, fu deciso di trasferire la Vergine all’interno della chiesa di S.Niccolò.

Chiesa Santi Quirico e Giulitta (Roma)

Una antica tradizione vuole far risalire l’origine di questa chiesa ai tempi di S. Gerolamo, nel secolo IV. È certo però che essa fu restaurata e consacrata dal papa Virgilio come si rilevava da una iscrizione che andò perduta nel restauro del secolo XVII. Nei primi tempi aveva l’abside dove ora è la porta ed era adorna di mosaici coi santi Stefano e Lorenzo.

Il portale quattrocentesco e il campanile romanico testimoniano le origini antiche della chiesa, ricostruita in stile rococò nel Settecento dal Raguzzini e dal Valvassori. All’arco dei Pantani.

Una antica tradizione vuole far risalire l’origine di questa chiesa ai tempi di S. Gerolamo, nel secolo IV. È certo però che essa fu restaurata e consacrata dal papa Virgilio come si rilevava da una iscrizione che andò perduta nel restauro del secolo XVII. Nei primi tempi aveva l’abside dove ora è la porta ed era adorna di mosaici coi santi Stefano e Lorenzo.

Nel 1475 sotto Sisto IV in occasione del giubileo fu riedificata dalle fondamenta. Nel 1608 le fu cambiata orientazione per iniziativa del rettore Nicolò Cesarini. Nel 1637, facendosi alcuni restauri, furono trovate alcune pitture murali del IX o X secolo. Nel 1716 un grave incendio la danneggiò in parte distruggendo il ricchissimo archivio parrocchiale.

Nel 1722 Benedetto XIII la concedette ai monaci fiorentini di S. Marco. Nel 1856, finalmente, fu di nuovo restaurata e adorna di pitture, essendo ridotta in cattivo stato la chiesa primitiva

Chiesa di San Silvestro in Capite (Roma)

Il bel portale coronato da statue di Santi è opera realizzata tra il 1595 e il 1601 da Francesco da Volterra e da Carlo Maderno. Questa chiesa fu cominciata dal papa Stefano III e continuata dal suo successore Paolo I che la dedicò a S. Dionigi di Francia.Costruita la basilica vi trasportò i corpi di S. Silvestro e S. Stefano che aveva ricevuto in dono dal re di Francia.

E’ denominata “in capite”, con riferimento alla preziosa reliquia della testa del Battista qui conservata. Sorta nell’VIII secolo venne completamente rifatta nel corso del XIII secolo, periodo al quale appartiene anche il campanile romanico.

Il bel portale coronato da statue di Santi è opera realizzata tra il 1595 e il 1601 da Francesco da Volterra e da Carlo Maderno. Questa chiesa fu cominciata dal papa Stefano III e continuata dal suo successore Paolo I che la dedicò a S. Dionigi di Francia.Costruita la basilica vi trasportò i corpi di S. Silvestro e S. Stefano che aveva ricevuto in dono dal re di Francia.

Nel 1210 Innocenzo III fece restaurare la basilica e vi aggiunse il campanile che ancora si conserva. Nel 1286 fu data da Onorio IV alle monache di Santa Chiara. Nel 1690 fu restaurata dalle fondamenta dall’architetto Giovanni de’ Rossi che vi aggiunse la facciata attuale.

La chiesa è oggi servita dai Benedettini inglesi, che fin dal 1890 l’hanno illuminata a luce elettrica.

Chiesa di San Benedetto in Piscinula (Roma)

La chiesa sorse in fondo a via Piscinula nel Trastevere sulla cosiddetta Cella di san Benedetto, parte della casa paterna del santo, dove la tradizione vuole che questi abbia trascorso i primi anni della sua vita.

La chiesa sorse in fondo a via Piscinula nel Trastevere sulla cosiddetta Cella di san Benedetto, parte della casa paterna del santo, dove la tradizione vuole che questi abbia trascorso i primi anni della sua vita.

La tradizione vuole che questa chiesa fosse stata edificata nella Domus Aniciorum alla cui gente appartenne S. Benedetto. Certo è che nel secolo XII esisteva già e che il catalogo di Cencio Camerario la indica col titolo che ancora conserva.

Questo titolo, che alcuni hanno trasformato per corruzione in Pescivola, lo deriva probabilmente da un antico mercato di pesce che esisteva in quella contrada. Fu restaurata nel 1481 e nel 1835.

Nel 1782 il vescovo Giuseppe De Sarrado riconsacrò il suo altare in forma solenne. È preceduta da un vestibolo che a sinistra ha una cappelletta, sulla cui parete esterna si conserva un affresco del secolo XIII di scuola giottesca: la Madonna che allatta il Bambino con ai lati S. Pietro o S. Paolo. Nella cappelletta, a sinistra, immagine della Madonna dipinta a fresco nel secolo XIII.

Basilica di San Lorenzo fuori le mura (Roma)

Seriamente danneggiata, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne, tra il 1943 ed il 1948, restaurata da Alberto Terenzio. La facciata, in laterizio con tre finestre, è stata completamente ricostruita dopo i bombardamenti del 1943. Dei mosaici che la ricoprivano restano solo alcuni frammenti. A destra della facciata, svetta il campanile in stile romanico del XII secolo.

Facente parte delle basiliche patriarcali più antiche e importanti, è situata a ridosso del cimitero del Verano. Ospita al suo interno la tomba di San Lorenzo che, nel 258, sotto l’impero di Valeriano fu fatto martirizzare e le reliquie di Santo Stefano.

La sua origine risale al 330 quando l’imperatore Costantino edificò una grande basilica cimiteriale detta ‘Basilica Maior’ nei pressi della tomba di San Lorenzo.Fu Onorio III, nel XIII secolo, a conferire al complesso l’aspetto attuale ottenuto dalla fusione delle due costruzioni precedenti.

Seriamente danneggiata, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne, tra il 1943 ed il 1948, restaurata da Alberto Terenzio. La facciata, in laterizio con tre finestre, è stata completamente ricostruita dopo i bombardamenti del 1943. Dei mosaici che la ricoprivano restano solo alcuni frammenti. A destra della facciata, svetta il campanile in stile romanico del XII secolo.

Precede la facciata un portico, sostenuto da sei colonne con capitelli medioevali ionici, risalente al XIII secolo, sotto il quale si conservano alcune tombe antiche.L’interno della basilica è a tre navate in fondo alla navata destra si apre l’ottocentesca cappella di San Tarcisio, realizzata da Virginio Vespignani.

La navata di sinistra termina con la Cappella sotterranea di Santa Ciriaca in stile barocco.Per due rampe di scale si sale all’ampio presbiterio. Al di sotto vi è la cripta da cui è possibile venerare le tombe dei santi Lorenzo e Stefano protomartire.

Scala Santa (Roma)

La Scala Santa, secondo la tradizione cristiana, sarebbe stata la scala del palazzo pretorio di Pilato, sulla quale sarebbe salito Gesù per essere interrogato da Ponzio Pilato prima della crocifissioneIl complesso denominato Santuario della Scala Santa è situato nelle vicinanze della Basilica di San Giovanni in Laterano.

Il complesso denominato Santuario della Scala Santa comprende la Scala Santa propriamente detta e la Cappella di San Lorenzo o Sancta Sanctorum.

La Scala Santa, secondo la tradizione cristiana, sarebbe stata la scala del palazzo pretorio di Pilato, sulla quale sarebbe salito Gesù per essere interrogato da Ponzio Pilato prima della crocifissioneIl complesso denominato Santuario della Scala Santa è situato nelle vicinanze della Basilica di San Giovanni in Laterano.

L’edificio fu edificato da Domenico Fontana nel 1589 su commissione del papa Sisto V. La tradizione esige che la scala, di 28 gradini in marmo rivestiti in legno, si salga in ginocchio recitando su ognuno dei 28 gradini specifiche preghiere.

La cappella di San Lorenzo detta Sancta Sanctorum è invece un resto dell’originario Palazzo dei Papi, ricostruito dai maestri Cosmati alla fine del Duecento sotto il pontificato di Nicolò III.

In esso si conservano preziosissime reliquie, fra cui la celebre immagine del Salvatore detta anche ACHEROPITA, non dipinta cioè da mano umana ma frutto di un prodigioso intervento divino.

Chiesa dei Santi Dodici Apostoli (Roma)

Nel 1702 fu quasi completamente ricostruita su commissione di Clemente XI dagli architetti Carlo Fontana, suo figlio Francesco Fontana e Nicola Michetti. La basilica si presenta oggi con la facciata neoclassica realizzata nel 1827 da Giuseppe Valadier preceduta da un grande portico quattrocentesco opera di Baccio Pontelli.

Il fastoso affresco della volta è una delle ultime opere di Baciccio Genovese. La Basilica dei SS. Apostoli, eretta nell’età bizantina (secolo VI) da papa Pelagio I, fu restaurata nel XV secolo da MartinoV dopo che nel 1348 fu distrutta da un terremoto.

Nel 1702 fu quasi completamente ricostruita su commissione di Clemente XI dagli architetti Carlo Fontana, suo figlio Francesco Fontana e Nicola Michetti. La basilica si presenta oggi con la facciata neoclassica realizzata nel 1827 da Giuseppe Valadier preceduta da un grande portico quattrocentesco opera di Baccio Pontelli.

Nel 1681 Carlo Rainaldi chiuse il secondo ordine con delle finestre barocche e aggiunse la balaustra con le statue di “Cristo e i dodici Apostoli”.
L’interno è diviso in tre navate con tre cappelle per lato, ciascuna coperta da cupola. E’ caratterizzato da un’architettura solenne con decorazioni ed affreschi: si possono ammirare opere di Antoniazzo Romano, Benedetto Luti, la splendida “Estasi di San Giuseppe da Copertino” di Giuseppe Cades e il monumentale sepolcro di papa Clemente XIV di Antonio Canova del 1787.

Grandioso l’ affresco della volta decorata dal Trionfo dell’Ordine Francescano del Baciccio (1707) e la Caduta degli Angeli ribelli sopra il presbiterio di Giovanni Odazzi.

Chiesa del Santissimo Nome di Maria al Foro Traiano (Roma)

Si trova presso il Foro di Traiano, nel rione Trevi.
Fu edificata sul luogo dove sorgeva la quattrocentesca chiesa di San Bernardo. I lavori, iniziati nel 1736 sotto la direzione dell’architetto francese Antoine Dérizet, proseguirono, nel 1743, sotto quella di Mauro Fontana che con Agostino Masucci curò anche la decorazione interna della chiesa.

L’edificio è la rivisitazione in chiave tardobarocca dell’adiacente chiesa di Santa Maria di Loreto, di cui riprende la struttura a pianta centrale e la copertura a cupola.
Si trova presso il Foro di Traiano, nel rione Trevi.
Fu edificata sul luogo dove sorgeva la quattrocentesca chiesa di San Bernardo. I lavori, iniziati nel 1736 sotto la direzione dell’architetto francese Antoine Dérizet, proseguirono, nel 1743, sotto quella di Mauro Fontana che con Agostino Masucci curò anche la decorazione interna della chiesa.

La chiesa deve il suo nome alla Confraternita del Santissimo Nome di Maria che ne commissionò la costruzione per ricordare la vittoria del Sobiesky sulle truppe turche nel 1683.
La facciata è costituita da due ordini separati da una balaustra che presenta statue degli evangelisti e dei profeti.

L’interno, decorato con marmi policromi, è a pianta circolare con cappelle poste a raggiera. Sull’altare maggiore, decorato con marmi policromi, si conserva un’antica immagine della Vergine con Bambino dipinta su legno (XIII secolo), proveniente dall’oratorio del Laterano.

Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso (Roma)

Situata nel Rione di Campo Marzo sulla via principale di Roma, cioè il Corso, chiamata S.Carlo al Corso per distinguerla da altre chiese dedicate allo stesso santo. Dedicata ai due grandi santi di Milano, Ambrogio e Carlo Borromeo, fu iniziata nel 1612 in sostituzione di un edificio del XV secolo, sotto la direzione dell’arch. Onorio Lunghi.

Situata nel Rione di Campo Marzo sulla via principale di Roma, cioè il Corso, chiamata S.Carlo al Corso per distinguerla da altre chiese dedicate allo stesso santo. Dedicata ai due grandi santi di Milano, Ambrogio e Carlo Borromeo, fu iniziata nel 1612 in sostituzione di un edificio del XV secolo, sotto la direzione dell’arch. Onorio Lunghi.

Morto nel 1619 fu continuata dal figlio Martino. La cupola, la tribuna e l’altar maggiore sono opera di Pietro da Cortona. L’interno, molto luminoso in stile barocco, è ricco di stucchi, marmi e affreschi.

Esempio tra i più caratteristici del tardo barocco romano presenta una pianta a croce latina con tre navate e cripta, sei cappelle, un oratorio con una “Deposizione” di Tommaso Della Porta.

La pala dell’altare maggiore è l’opera principale di Carlo Maratta che dipinse sul luogo affinchè sortisse l’effetto desiderato, impiegando cinque anni di lavoro. Dietro l’altare è conservata la preziosa reliquia del Cuore di S. Carlo Borromeo, donata dal Card. Federico Borromeo nel 1614.

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